martedì 16 febbraio 2016

Tappe

In principio fu la sdraietta, lavata,ripiegata e riposta nell'armadio dopo la prima volta che il ricciolino, all'epoca ancora pelatino, riuscì a darsi una spinta decisa e ribaltarsi faccia a terra con lei (era poggiata sul pavimento, su un tappeto, come si erano raccomandati al corso preparato, quindi non ci furono conseguenze, solo lo spavento).
(Uguale a questa, la cui immagine e' tratta dal web)
Più o meno contemporaneamente, fece la stessa fine anche la giostrina per bebe' da porre a terra, che il nanetto si era ripetutamente tirato addosso nel tentativo di usare le gambe della giostra per tirarsi in piedi.
(Immagine dal web)
Poi fu il fasciatoio.
Scomparve dal bagno lasciando un ripiano improvvisamente intonso, presto riempito da libri e riviste.
Poi ci fu l'abbassamento del lettino, il vassoio del seggiolone asportato, una barra laterale del lettino sostituita con una sponda bassa e il materassino da Boulder prontamente riciclato come tappeto di emergenza in caso di cadute accidentali.
I biberon sparirono, sostituiti prima da tazze con il beccuccio di plastica, osteggiate dall'Alpmarito, poi da bicchieri di vetro e borracce di alluminio per le passeggiate.
Il coltello a tavola si affiancò alla forchetta, i piatti piccoli vennero dimenticati in favore del servizio "da tutti i giorni".
E naturalmente, sparirono anche cucci, catenine porta ciuccio e contenitori per il ciuccio.
Poi fece la sua comparsa il comodino, con due capienti cassetti e una lampada arancione, per "leggere" a letto come mamma e papà e riporre disegni, fogli, matite, pennarelli, libri e milioni di cianfrusaglie considerate "tesori".
Ben presto, il lettino con le sbarre da un lato, venne sostituito dal letto ad una piazza da adulto, il materasso nuovo e il piumone come i grandi.
Fece così la sua scomparsa anche il carillon per la nanna, a cui da tempi erano state asportate le apine danzanti, causa continuo tentativi di rottura messi in atti dai calci del ricciolino biondo.
(Immagine dal web)

Frattanto, il seggiolone perse le cinture, ovetto e seggiolino per auto vennero sostituiti con modelli da bimbo più grande, il passeggino ci abbandono' definitivamente (mentre la carrozzina praticamente non la usammo mai), sostituito dalla bicicletta senza pedali e dal monopattino.



Mentre il poggiapiedi del seggiolone si abbassava tacca dopo tacca, arrivo' la bici con i pedali, prima con le rotelle, poi senza.


Infine, gli sci da fondo e la bici "da grande".



Nanna, il suo amato doudou, cesso' di essere una presenza costante ed indispensabile alla sua serenità.





Non smise di essere cercata, abbracciata, coccolata, portata a scuola e tenuta vicino al letto, ma senza più l'assiduità di prima, senza più apparire come una sua appendice, affiancata da peluche sempre diversi, di volta in volta "amici del cuore.

Infine, pochi giorni fa, persino il seggiolone in se', in realtà destinato ad accompagnarlo come sedia alta per altri due anni, e' stato snobbato, ripiegato e riposto in un angolo.

 
(immagine tratta dal web)

A lui, così comodo, di design e funzionale, il ricciolino biondo ha preferito una sedia normale, anche se ora per mangiare alla giusta altezza gli tocca stare seduto sulle ginocchia.
Così, lui si sente grande e questo gli basta.

E mentre in me si alternano orgoglio, tanta nostalgia e molta commozione, la casa cambia volto, ancora una volta.


E voi, come vivete questi piccoli ma importanti cambiamenti? Vi vengono, qualche volta, le lacrime agli occhi, dalla gioia di vedere i vostri figli crescere e contemporaneamente dalla nostalgia?
Li attendete con ansia o li temete un pochettino?

lunedì 15 febbraio 2016

Consigli di look invernale ? Chiedo il vostro aiuto!

Non sono mai stata una amante dello shopping di abiti e scarpe (con le borse od i cappelli, è un'altra storia), a meno che non si tratti di vestiti sportivi e colorati.
La linea non mi aiuta.
Non sono sovrappeso, ma non sono mai stata magra. Non è la mia costituzione, c'è poco da fare.
In più, non sono una che getta/da via i vestiti solo perchè "fuori moda" o non mi piacciano più: finchè mi vannno e non sono rovinati, tendo a teneremeli.

Trovo stressante girare per negozi in cerca di capi che mi stiano bene, odio la "prova camerino", con le luci al neon impietose che abbattono colori e colorito ed evidenziano i difetti, non sopporto le commesse con dieci anni meno di me (ma anche mie coetanee) che si permettono di darmi del tu senza avermi mai visto prima (a voi dà fastidio o sono l'unica?)

D'estate, è più facile trovare abiti, pantaloni e camiciette un pò sfiziose che mi piacciano, colorate e leggere.
D'inverno, invece, è tutta un'altra storia, a meno che non mi trovi in un raro momento di "febbre da shopping" (come in questo caso).
Poi, però, mi fa piacere indossare capi nuovi!

Così, ogni anno, in tempo di saldi, mi riprometto di rinnovare il guardaroba e, puntualmente, o non lo faccio (come quest'anno), oppure acquisto o chiedo di regalarmi, ma non ciò di cui avrei davvero bisogno.
E la mattina, davanti a specchio e guardaroba, entro in crisi.
Vi basti sapere che il mio "consulente di immagine" è il ricciolino biondo, che ha buon gusto, certo, ma anche quattro anni!

Così, sulla scia dei post di Veronica e del suo #misentofiganchesenonlosono e dei bellissimi disegni di Gab che illustra i suoi abiti con "un vestito al giorno" , ho provato a fotografarmi durante le mattinate settimanali e chiedere il vostro consiglio.
Le foto lasciano il tempo che trovano, sia per inquadratura che per luminosità, visto che ero sempre di fretta e ho usato l'autoscatto dove mi trovavo, vi prego di non farci caso.

Mi piacerebbe che voi, amiche/i blogger, mi deste un parere spassionato.
Sono presentabile?
Vi piacciono o no?
Cosa cambiereste?

 

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Come vedete, il nero ha un posto d'onore, forse fin troppo!

Particolare del look della foto precedente
Questo abbigliamento..

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..meglio con questa giacca lunga...

 o con questa corta in velluto ? (Entrambe sono nere)

(o meglio che cambi totalmente?)

Prometto di non offendermi! Però voi siate clementi e ricordatevi delle mie premesse, perchè vi assicuro che mettermi " a nudo" così, per me non è facile (ah, se sapessi disegnare come Gab)!!!

Per ora vi risparmio gli abbinamenti sportivi che uso il fine settimana, perchè in quelli mi sento bene ed a mio agio.


venerdì 12 febbraio 2016

"Storia della bambina perduta" : ora sì che sono convinta!

 Quarto e ultimo volume della quadrilogia de "L'Amica geniale", "Storia della bambina perduta" è senza dubbio il romanzo della serie che mi è piaciuto di più e mi ha definitivamente convinto in merito alla bravura dell'autrice.



Ho iniziato a leggere il primo volume grazie al consiglio di Mimma, che oggi ringrazio per il suggerimento di lettura.

In realtà, non mi aveva affatto convinta, principalmente per la sua cupezza e per l'ambientazione così diverste dalla mia realtà quotidiana e dalla mia infanzia (per fortuna).
La curiosità ha tuttavia prevalso, portandomi dopo qualche tempo a prendere in prestito il secondo romanzo, "Storia del nuovo cognome", che mi ha, mio malgrado, catturata.
L'innamoramento è arrivato con il terzo volume, per ragioni che ho già spiegato (qui).
Così ho prenotato e letto voracemente anche il quarto ed ultimo romanzo, che mi ha conquistata.
Forse perchè più romanzato, sicuramente per l'ampio spazio concesso alla storia socio-politica italiana (il terremoto, la camorra, i partiti politichi, le ondate periodiche di rinnovamento, il ruolo della magistratura, l'evoluzione della condizione femminile ecc.), senza dubbio anche perchè mi ero abituata a quella sensazione di angoscia e pessimismo che avevo avvertito con fastidio nel primo volume, non ultimo, perchè molte domande che mi ero posta durante la narrazione avevano trovato finalmente risposta.
Inoltre, ho apprezzato le riflessioni introspettive di Elena, con la quale,  tra le due amiche protagoniste, ho sempre sentito più empatia.
Nella sua narrazione di vicende, nel suo interrogarsi, infatti, Elena spinge a formulare con lei domande e supposizioni, dare risposte, riflettere sul senso dei rapporti di coppia e dell'amicizia, sull'influenza dei legami dell'infanzia, dell'ambiente e della istruzione.
Mi è piaciuto vedere (in senso metaforico) riannodare i fili della vita di ciascuno dei personaggi conosciuti nei precedenti romanzi, assistere alla loro evoluzione, maturità e, per alcuni, scomparsa.
Per alcuni, avevo ampiamente previsto il cammino che avrebbero imboccato (la sorte della relazione tra Nino ed Elena, ad esempio, aveva un finale scontato), per altri, sono stata sopresa in positivo o in negativo.

Il colpo di scena finale, inoltre, mi ha colto di sorpresa.
Certo, essendo fondamentalmente una sognatrice, non mi sarebbe spiaciuto un ritrovamento della "bambina perduta" ma, forse, quella perdita è servita a svelarne un'altra, che molto tempo prima aveva compiuto scelte tali da eclissare la sua genialità, a farne da specchio, da rimando.
In ogni caso, credo che un finale diverso avrebbe stonato con il tono della scrittura, con l'umore di fondo della narrazione.

"A Enzo aveva tolto con fastidio ogni merito, li aveva attribuiti tutti a Lila. Fu così che mi resi conto che se lo avessi costretto a scavarsi dentro, sarebbe venuto fuori che il massimo esempio di intelligenza femminile - forse il suo stesso culto di quell'intelligenza, persino certi discorsi che mettevano in cima a tutti gli sprechi, lo spreco delle risorse intellettuali delle donne - aveva a che fare con Lila, e che se la nostra stagione d'amore si stava già rabbuiando, la stagione di Ischia per lui sarebbe rimasta sempre radiosa. L'uomo per il quale ho lasciato Pietro, pensai, è ciò che è perchè l'incontro con Lila lo ha plasmato così." (pag. 220) 

Ora leggete questo passo:
"Amavo la mia città, ma mi strappai dal petto ogni sua difesa d'ufficio. Mi convinsi anzi che lo sconforto in cui finiva presto o tardi l'amore fosse una lente per guardare l'intero Occidente. 
Napoli era la grande metropoli europea dove con maggiore chiarezza la fiducia nelle tecniche, nella scienza, nello sviluppo economico, nella bontà della natura, nella storia che porta necessariamente verso il meglio, nella democrazia si era rivelata con largo anticipo del tutto priva di fondamento. Essere nati in questa città - arrivai a scrivere una volta, pensando non a me ma al pessimismo di Lila - serva a una sola cosa: sapere da sempre, quasi per istinto, ciò che oggi tra mille distinguo cominciano a sostenere tutti: il sogno di progresso senza limiti è in realtà un incubo pieno di ferocia e di morte." (pag. 319)

Letto? Bene. Sostituite "Italia" con "Napoli" e "Paese" con "città" e avrete quello che si percepisce e respira tutti i giorni in questo periodo.
Queste le mie impressioni sul romanzo, che consiglio per l'appuntamento del venerdì del libro di oggi.

Se ne volete un'altra, leggete questa, di Mimma.
Se, invece, cercate una recensione di quelle "professionali", io vi consiglio quella di Slumberland. 

Nell'altro post di oggi, invece, trovate i due libri per bambini che consiglia il ricciolino biondo !!!
Non sia mai che qualcuno rimanga senza un buon libro per il fine settimana, eh!?






Le letture del ricciolino biondo: "Come diventare cavaliere" e "La piccola renna"

Questo venerdì, le letture per bambini da suggerire sul blog le ha scelte il Petit Prince di casa in persona.

Scovato per caso da ma in biblioteca, "Come diventare cavaliere. Manuale per scudieri", Fabbri editore, è piaciuto subito al ricciolino biondo, anche se in realtà forse si presta meglio a bimbi di un paio d'anni in più.



E' un vero e proprio manuale illustrato, con pagine pop-up suggestive, finestrelle da aprire, libretti dentro il libro da sfogliare e letterine da leggere.

In tanti capitoli, un nobile cavaliere tenuto prigioniero in un castello francese, istruisce il figlio sulle regole della cavalleria, gli insegna i valori ed i compiti di un buon cavaliere, fornisce suggerimenti per gli allenamenti, le imprese eoriche da compiere ed il corretto mantenimento delle armi, indica le strategie di attacco nelle giostre ed in guerra e i passi per conquistare l'ambito titolo di "Cavaliere".
Affinchè il figlio possa, poi, andarlo a liberare e ricongiugersi a lui.


 Le illustrazioni sono ben fatte ed esplicative, il testo è molto ricco e articolato, il lessico corretto.



 Un manuale che piacerà a  tutti gli appassionati di cavalli, cavallieri, armi bianche e gesta eroiche, piccoli e grandi, maschi e femmine!

E poi c'è "La piccola renna" di Michael Foreman, Camelozampa editore, 2015, che ho fatto arrivare alla bliblioteca del paese grazie al prezioson suggerimento di una lettrice / blogger del Venerdì del Libro (di cui, ahimè, non ricordo il nome!!!)




 Illustrazioni incantevoli ed adatte al clima invernale, una storia delicata, originale e commovente di affetto, amicizia e dedizione tra un bambino ed una piccola renna molto speciale.
Un libro che scalda il cuore e che ha subito catturato il ricciolino biondo!



Buona lettura con i vostri bimbi e buon...venerdì del libro!

giovedì 11 febbraio 2016

Carnevale di Ivrea 2016

Essere eporediese significa vivere il Carnevale.
Alcuni (pochi) lo detestano, la maggioranza lo ama e lo attende un anno intero.
Tutti,  alla fine, comunque lo vivono.
Perchè è l'evento dell'anno, che sconvolge la città, la trasforma, blocca traffico e attività, trasfigura e sovverte i ruoli.

Quest'anno, per me, è stato ancora più bello e coinvolgente, perchè alle emozioni che mi trasmette da sempre, si è aggiunta quella di conoscere la Mugnaia, il personaggio femminile principale, l'eroina della città per i giorni di festa, nonchè il Toniotto, ossia il marito della Mugnaia, un amico d'infanzia, e una delle damine della Mugnaia, niente meno che parente.


Non ho potuto vivere il Carnevale momento per momento, come avrei voluto, perchè la presenza del Petit Prince e la necessità di far divertire anche lui e farlo stare anche con i suoi amici di scuola ci hanno costretto a saltellare tra i due Carnevali, però me la sono goduta.

C'e' stata la sera della presentazione della Mugnaia (il cui nome rimane segreto tranne che agli invitati alla presentazione e alla cerchia dei familiari, che lo vengono a sapere con un minimo di anticipo), a cui ho partecipato da vicino per la prima volta.
Solennità, commozione, cerimoniale, eleganza e allegria, insieme.


C'è stato l'orgoglio per la spendida damina..




La piazza gremita, la distesa di cappelli frigi, l'emozione negli occhi della prescelta e degli amici e conoscenti.



L'uscita sul balcone e l'acclamazione degli eporediesi.


L'inizio della sfilata del corteo storico e delle squadre degli arancieri...


 una Mugnaia ed un Toniotto 2016 che migliori di così, non avrebbero potuto essere.

E naturalmente, la battaglia, anche sotto la pioggia battente della domenica e del martedì.
Perchè a Carnevale, gli arancieri, i pifferi e tamburi, il corteo storico, il pubblico: non li ferma niente e nessuno.




Il "mio" Borghetto addobbato a festa, ogni anno in modo diverso e originale ma sempre di rosso e verde vestito.








Le arance pronte, per grandi e piccini..



Il mio piccolo Tuchino impegnato a "ricaricare", tirare e, naturalmente, rifocillarsi!




E anche io, quando lui è tornato a casa con la nonna, vinto dalla stanchezza e stufo di prendere arance addosso, in piazza, a sfogarmi.


Perchè tirare le arance, essere lì, con la tua divisa, tra la gente della tua squadra, uniti dalla voglia  comune di dare battaglia e contemporaneamente fare festa, pronti a tirare con forza, passione, impegno, durezza, precisione, ma senza rabbia, senza cattiveria, è quasi catartico.
Ti prende, ti cattura, ti fa dimenticare la quotidianità, anche i lividi che a volte ti porti a casa.
Ti lascia solo la voglia.
La voglia di esserci l'anno successivo,
quella voglia che si accende nel cuore al primo suono di pifferi e tamburi, nella fredda giornata dell'Epifania, 
quella voglia che il fuoco di tre giorni di battaglia estingue solo temporaneamente.

Perchè il Carnevale è questo, una festa di popolo in cui i ruoli cessano di essere quelli quotidiani, in cui volendo ci si può lasciare andare. 
E ritrovi in piazza i conoscenti, compagni di scuola, di sport, gli amici di sempre, quelli con cui tiravi già da bambina, poi diventati ragazzi come te e poi adulti e ora, tornati magari da luoghi lontani di lavoro e residenza apposta per la feste, nella zona del tiro dedicata ai bambini, con i loro figli, a trasmetter loro la tradizione.


Anche se nei giorni successivi, tocca lavare, strofinare e ancora lavare, divise, stivali, borse e scarpe, con quell'odore di arancia amara un pò asprigna nelle narici che rimane a lungo, sugli abiti, nelle piazze, tra le vie della città.



Anche questo, però, in fondo fa parte del gioco e della magia del Carnevale di Ivrea.