sabato 13 luglio 2013

Fiera equestre

Ivrea non è solo la città del Carnevale con la battaglia delle arance.
Ivrea non è solo la città dell'Olivetti (anche perchè non lo è più da un pezzo, ormai).
Ivrea è anche San Savino e la sua fiera equestre, una delle più importanti di Italia.
Il legame tra la città e i cavalli è scritto già nel nome: "Augusta Eporedia" (colonia romana fondata nel 100 a.c.), considerato che l'etimologia più accreditata (almeno per quanto ne so io) afferma che derivi dal gallico epo (in greco ippo ed in latino equo, cavallo, e reda, che in gallico significa carro, ossia "stazione di carri equestri" o "città di conduttori di carri equestri" (esiste tuttavia anche un'altra etimologia, derivante dall'altro nome utilizzatoda alcuni autori mediovali, Yporia,  designante la città che sorse su un promontorio, dal greco upò, sotto, e oros, monte.
Infatti Ivrea era posta in posizione strategica sulla via dell Gallie, nel tratto collegante Vercelli ad Aosta.
Al legame storico con i cavalli, si è aggiunto quello con San Savino, diventato il Santo Patrono della città dopo che le sue spoglie vi furono portate, nel 956, da Corrado, figlio di Berengario II, Marchese di Ivrea, (tra l'altro, pare che il loro arrivo coincise con la fine di una epidemia di peste).

Così ogni anno, il 7 luglio, la città festeggia il Santo Patrono con una processione e con la Fiera equina, la  domenica, a cui si accompagna un variegato mercato, comprendente anche prodotti alimentari del territorio, accessori e attrezzature per l'agricoltura, il giardinaggio e per l'equitazione, uno spettacolo pirotecnico (sabato sera), le immancabili giostre, esibizioni "acrobatiche" di cavalli durante le serate della settimana, una bellissima sfilata di carrozze d'epoca, per le vie del centro, con equipaggi di solito magnificamente vestiti (il venerdì sera) e, momento culminante della festa, la fiera dei cavalli e la vendita di trattori, la domenica.
Il nano, che è molto attratto dai cavalli, ha apprezzato molto sia la fiera che la sfilata delle carrozze e, ancora di più, la sua grande passione: i trattori "grandi grandi"!
Così, domenica scorsa, alle 8.30 eravamo già in giro, per far visita alle scuderia ed alle esposizione di cavalli ( e pony, perchè l'evento è anche una vetrina per le numerose scuole di equitazione della zona...dolcissimi i pony ed i cavallini nani!) prima dell'arrivo della calca di spettatori e, naturalmente, ammirare con calma i giganti delle campagne...
Ovviamente, il nano non ha tradito il suo nuovo amore...la sua bici! Tra l'altro, ha dimostrato una resistenza fisica non da poco; quando c'era poco spazio o troppa gente per stare sul sellino, la conduceva da solo a mano...tutto pur di averla con sè.
Festa riuscita!
Visita alle scuderie

Anima contadina....

Aria di festa!




Non mancano gli asinelli

 Chissà se, più grandicello, il nano avrà piacere di provare ad anadare a cavallo e se, nel caso, riusciremo ad assecondarlo...putroppo le mie allergie non aiutano.
Il nano ed il suo papà...lasciano indietro la mamma, come al solito intenta a fotografare...

venerdì 12 luglio 2013

Una educazione non convenzionale

Educazione siberiana di Lilin Nicolai
Quando l'Alpmarito ha acquistato questo libro, non lo ha fatto perché indotto dalla prossima uscita della trasposizione cinematografica, ma perché aveva già letto il seguito, Caduta Libera, e gli era piaciuto molto.A giudicare dal titolo e dalla copertina, io ho storto il naso ed affermato che sicuramente sarebbe stato troppo violento e non mi sarebbe piaciuto.
Mi sbagliavo di grosso.

Si tratta di un'autobiografia lucida, chiara e sincera, scritta in modo scorrevole, che ti prende e ti trasporta in una realtà totalmente diversa dalla nostra (o almeno dalla mia), in una infanzia che non avrei mai immaginato, in una Russia che, invece, purtroppo immaginavo, grazie allo studio della storia ed altre letture.Una comunità criminale che però è difficile definire tale, almeno per come la intendo io, come violenza gratuita o ingiusta, contra legem ma soprattutto contro regole sociali accettabili.Quella che racconta Nicolai e' piuttosto una comunità con valori, sentimenti, tradizioni forti, radicate, profonde e in gran parte condivisibili, nata in contrapposizione ad uno Stato di prevaricazione ed occupazione.
Una società in cui la violenza c'è ma, pur non essendo certo per questo giustificabile, e' controllata e orientata verso bersagli ben definiti, in cui gli anziani sono rispettati ed i bambini anche, in cui i tatuaggi non sono ornamenti per apparire, ma raccontano una storia o garantiscono riconoscimento e protezione.Una società in declino, travolta da una criminalità senza senso e misura, di stampo moderno, che ingoia vite, futuro e tradizioni.Il tutto visto con gli occhi di un ragazzo dalla sensibilità profonda e dalla grande intelligenza, la cui sola colpa, per la Grande Madre Russia, e' di aver ricevuto una educazione siberiana.
In altre parole, soldi e tempo ben spesi per un libro che consente di scoprire una realtà diversa e nascosta, a patto di affrontare la lettura senza pregiudizi e preconcetti (come sempre, del resto).E non è neppure troppo violento o impressionante.
Quanto al seguito dell'affascinante vita di Nicolai.....corro a leggerlo!!!!!
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made mamma Homemademamma.


martedì 9 luglio 2013

Felicità è.....

Ricordo ancora una sera di inzio estate, giugno, con la scuola appena finita.
Ricordo mio padre che arriva, che mi chiama da sotto casa, affinchè io esca in balcone (senza sporgerti, attenta!!!!- il terrore di mio padre- ).
Ricordo il vederlo lì sotto, in bici, con un'altra bici al fianco, blu cielo con pagliuzze bianche e scritte adesive fucsia, una mountain bike con cambi Shimano, la seduta da uomo, cioè con  la barra centrale, non di quelle da "donna" da città, una bici vera!.
PER ME
L'aveva portata dal neogzio a casa così, a fianco, cinque chilometri.

Non è stata la mia prima bicicletta, quella purtroppo non la ricordo ma so che dopo quella con le rotelle c'è stata una BMX blu, con le imbottiture in gomma piuma gialle, bellissima.
E poi ricordo questa.
Mi ha accompagnato la mattina a scuola, alle medie e poi la liceo, nelle strade di campagna il pomeriggio, sotto il sole cocente, anche in piena estate, sola o con una amica.....20 kilometri per andare a mangiare un gelato dove era più buono, pedalando senza altro in testa e il contachilometri che girava.
Mi ha accompagnato a scherma, la sera; in giro per città, in biblioteca, a fare commissioni.
La adoravo.
E' ancora nei garage dei miei, distrutta ma sempre lì.

E pochi giorni fa, io e l'Alpmarito ci siamo regalati la stessa soddisfazione e la stessa felicità, con il privilegio di guardare il viso di nostro figlio accendersi, il suo sorriso illuminarsi, i suo occhi splendere di gioia, felice come noi, ai nostri tempi.
La sua prima bicicletta.
Questa



E non importa se invece che pportarla a casa a mano, è arrivata via corriere, scelta e ordinata via Internet dopo due ore (DUE!!) di attente selezioni (materiale, tipo di vernici, altezza sellino, manici, facilità di regolazioni ecc.).
Non importa se non ha i pedali e neppure le ruotine.
Non importa se l'Alpmarito ha dovuto smontare il sellino, aggiungere un foro e abbassarla ancora un pò perchè il nano, in fondo, i due anni consigliati non li ha.

Il nano se ne è innamorato a prima vista e ora non la lascia più.

Una sera di prove di equilibrio e poi è partito, da solo.
Il giorno dopo girava, andava in retro e si lanciava dalle discese. Due giorni dopo saliva e scendeva, in sella, dai marciapiedi. Ora, percorre chilometri e guai a spingerlo e aiutarlo.
Inutile aggiungere che la sera, dopo un ultimo giro prima di andare a dormire, la parcheggia (IO IO! SOLO!) in garage, di fianco alla moto di papà.

Felicità è una bicicletta blu, LA SUA PRIMA BICICLETTA.
E intanto ha 20 mesi.

domenica 7 luglio 2013

Fatalità o irresponsabilità?

Morire a 12 anni per la disattenzione degli adulti, morire a 12 anni per troppa fiducia nelle capacità di un bambino, morire mentre ci si diverte, mentre si arrampica in falesia, in un luogo sicuro o che dovrebbe esserlo.
Arrampicare in falesia non è come fare sci alpinismo, non è come scalare in quota, come fare una via ferrata sulle Dolomiti, una cascata di ghiaccio a Cogne o la traversata del Lyskamm.
Arrampicare in falesia e' più sicuro che girare in auto.
Invece un bambino e' morto, un ragazzino che era già un campioncino, originario della mia città, in gita con istruttori Fasi e amici, piccoli e non.
È morto perché ha scambiato la sua attrezzatura con quella di qualcun altro, montata male.
Ovviamente ci saranno indagini e ci sarà una verità, forse diversa da quella che mi è stata raccontata, a caldo, da amici dell'ambiente. Le mie riflessioni, comunque, non possono che prendere avvio da ciò che mi è stato riferito.
E mi chiedo di chi sia la colpa.
Di genitori troppo fiduciosi, di adulti forse esperti nella tecnica ma affatto pronti ad insegnare (compito che non e' mai semplice), nella mancanza di prudenza e buon senso, anche di fronte a dei minori, quando ci si aspetterebbe che gli adulti fossero ancora più attenti ed accorti?

Sarebbe bastato un controllo prima del via e un casco in testa.
Sarebbe bastata responsabilità.
La nostra vita e quella delle persone a noi care può finire all'improvviso, per tragiche fatalità, e' vero. Se però la causa è un errore che si sarebbe potuto evitare e la vittima un bambino, forse parlare di fatalità e' troppo semplicistico, troppo facile.
Ora, forse, ci saranno divieti e precauzioni imposte dall'alto, magari, come spesso accade, da persone che non sanno neppure di che cosa stiamo parlando.
La testa, però, quella non può imporla nessuno per legge: metterci la testa, è questo il punto.
Nessuno "scarico di responsabilita" firmato dai genitori può fare venir meno la punibilità, almeno penale, di chi doveva vigilare su un minore, con conseguenze di gravità inversamente proporzionale all'età del minore.
Mi chiedo perché non si sappia e non se ne tenga conto.
Magari, se lo sapesse, qualcuno rifletterebbe ed agirebbe con più cautelala, se non per intelligenza, almeno per timore.

Ho un dolore sordo alla bocca dello stomaco per quel piccolo arrampicatore, che era uno di noi, e per la sua famiglia, il cui dramma posso solo immaginare.
E ho paura.
Di non essere in grado di proteggere mio figlio, di fare scelte sbagliate dalle tragiche conseguenze, di essere inadeguata, troppo apprensiva o troppo permissiva, soffocantemente ansiosa o pericolosamente fiduciosa.
Ho paura perché, comunque, il nano non sarà e non è sempre sotto la nostra ala protettiva e nulla dipende solo da noi.

Intanto fuori dalla finestra, una coda ininterrotta di auto mi ricorda che è domenica sera e le gite fuori porta, con il loro carico di gas di scarico e rumori, volgono al termine.
La "mia" Valle adottiva, ancora una volta, avrà dispensato gioia e dolori.
Questi ultimi però, raramente sono "colpa" sua.
L'imperfezione e' umano, la sofferenza anche.

A volte, una domenica di sole e calore non basta.

martedì 2 luglio 2013

L'emozione di una mamma

Ci sono occasioni che mi colgono impreparata, che non so come affrontare e di fronte alle quali vorrei saper mantenere maggior controllo, un certo contegno.
Invece...mercoledì siamo stati alla festa del nido e, anche se lo sapevo da un paio di settimane, ero eccitata come una bambina e curiosa di osservare le reazioni del nano.
Lui inizialmente è rimasto intimidito e un po' spiazzato.
Perché il nido e' anche un po' la sua casa, sua, dei suoi compagni e delle maestre e trovarsi frotte di fratellini/sorelline e genitori che la invadono, non è cambiamento da poco.
Le maestre (bravissime, come al solito) avevano organizzato degli angoli attrezzati con giochino organizzati. Il nano, però, forse perché ancora troppo piccolo o forse perché lui è fatto così, li ha snobbati, divertendosi con gli amici e da solo sullo scivolo, con i palloncini e in una casetta di plastica.
Ad un certo punto e' arrivata la sua amichetta, che lo adora e appena lo ha visto lo ha abbracciato di slancio e sbaciucchiato, mentre lui, come al solito, cercava di divincolarsi, salvo poi rincorrerà e chiamarlo un minuto dopo.
Erano tenerissimi!
Poi è arrivato il momento della canzoncina di saluto per i bimbi grandi, che a vederli mi sono commossa, perché sono ancora così piccoli, in realtà, che pensare che il prossimo anno cambiano scuola mi fa impressione.
Infine la consegna di un piccolo dono ad ogni bambino: una bandierina con la foto di ciascuno da un lato e il testo della canzoncina dall'altra e una maracas artigianale con sorpresa "animale".


Lo sguardo fiero e l'incedere serio e composto del mio nano, che tornava a sedersi dopo aver ritirato il tutto dalle mani della sua maestra preferita, camminando al fianco del suo papà...è una emozione ed una immagine che credo non scorderò mai.
E no, non pubblicherò le foto di quel momento, e' troppo intimo e privato per condividerlo!
Dopo, buonissimi biscotti (ho strappato al cuoco la ricetta, ma non credo che saprò uguagliar lo, erano divini), pizza, insalata di riso e torte, salate e dolci e quattro bimbi, nati a pochi giorni di distanza gli uni dagli altri, seduti affiancati su una panchina di legno a divorare il cibo e sorriderai, a rovesciare l'acqua e combinar pasticci insieme, a condividere e scambiare camion e maracas, complici e amici.
E noi genitori (i papà erano tantissimi, anche grazie all'orario- dalle 17 alle 19 -scelto dalle maestre) felici spettatori di curiose interazioni infantili.

Le maestre, la direttrice e il personale della cucina sono stati meravigliosi e una volta di più, ho capito che il nido, quel nido, e' stata la scelta giusta. Non finirò mai di ringraziarli perché ci hanno regalato una di quelle emozioni che si conservano nel cuore.



venerdì 28 giugno 2013

Il libro di un'amica della rete

Ieri ho letto, tutto d'un fiato, il racconto appena "pubblicato" (su amazon) di una amica virtuale: "Il Viaggio" di Maris (http://caralilli.blogspot.it/).

Ebbene, vale la pena leggerlo (tra l'altro, il prezzo dell'e-book è più che modico).

Non sono un'amante dei treni. Non sono mai riuscita a godermi un viaggio in treno, a rilassarmi, pensare e leggere o ascoltare musica in pace. Mai. Basta leggere qui, http://www.mammavvocato.blogspot.it/2013/03/il-treno-dei-ricordi-ed-il-ricordo-dei.html, per accorgersene.
In treno, però, ho ascoltato (il più delle volte involontariamente) conversazioni esileranti e tragiche, ho conosciuto amici e compagni di università, ho condiviso riflessioni, studiato, scritto appunti, visto ogni tipo di essere umano, litigato con il controllore e molto altro.
In treno, ho trascorso tanto tempo, troppo, a causa dei ritardi cronici delle meravigliose (si fa per dire) Ferrovie dello Stato.

La protagonista de "Il viaggio" Nadia, sembra invece essere a suo agio, in treno.
Forse perchè è stato tante volte il mezzo che l'ha riportata a casa, nella sua città d'origine, Napoli e poi la ricondotta nella sua nuova "tana", Milano, dal suo amore.
Anche se questa volta il viaggio è intriso di malinconici ricordi e di ansia, ma non solo: di amicizia, amore, crescita e speranza.
Alcuni dei ricordi evocati sono particolarmente belli ed intensi, altri appena abbozzati ed un pò poveri.
Certo non è un racconto d'azione però...il viaggio della nostra mente, lasciata a briglia sciolta, è spesso molto più affascinante di qualunque azione.
Sembra di esserci, nella mente di Nadia, su quel treno dei ricordi, grazie alla scrittura profondamente lieve dell'autrice.

E quindi, brava Maris!Un'oretta di lettura piacevolmente trascorsa.

Questo post partecipa al venerdì del libro di Homemademamma.

mercoledì 26 giugno 2013

Il mio ABC della montagna

Confesso che non so da chi sia partita questa idea dell'ABC e se posso partecipare (non sapendo a chi chiedere e chi citare).
Ho letto semplicemente il post di francesca (http://patatofriendly.blogspot.it/2013/06/persone-speciali-e-abc-montagna.html ) e mi è venuta voglia di dire la mia...perciò scusatemi fin da subito se sto facendo torto, involontariamente, a qualcuno!



Foto Mamma Avvocato - riproduzione e duplicazione vietate.
Piramide Vincent (Monte Rosa), vista dal Rifugio Città di Mantova
A come Alba, quella che, se sei partito all'ora giusta dal rifugio, puoi ammirare mentre tinge di rosa, rosso e arancione le cime innevate e colora di mille riflessi il ghicciaio sotto i tuoi piedi e intorno a te; ma anche come Arrampicata, che adoro, come Alpi, che sono un pò casa mia e...molto altro!
B come Bandana, molto più comoda, comprimibile e leggera del cappellino: non prende neanche il volo con il vento!
C come "Chi me lo ha fatto fare?" Ovvero ciò che ti chiedi quando sei stanco, affamato, assetato e cotto dal sole o scosso da brividi di vento e devi ancora rimanere concentrato ed affrontare un passaggio difficile o camminare per ore per tornare a valle...non c'è risposta ma non è che importi molto!
D come diedri..di quellli che piacciono all'Alpmarito e molto meno a me, sopratutto se si arrampica in quota o se salgo da prima!
E come Estate, la stagione delle gite in ghiacciaio e dei quattromila, ma anche dei picnic nei prati e dei torrenti impetuosi, del lavoro in rifugio e della Fontina comprata in alpeggio.
F come Ferrate,   e come Fatica
G come Gite, lunghe o brevi, per prati, per boschi o per ghiacciaio...e come Gestori, quelli dei rifugi, alcuni amici, altri conoscenti, sempre gentili e disponibili con alpinisti ed escursionisti.
H come Hervé Barmasse, un grande alpinista della mia zona (e d'Italia).
I come Inverno, la stagione dello sci, dello scialpinismo e della neve, delle cioccolate calde e delle crespelle alla valdostana.
L come Luci, quella del rifugio, che quando la vedi sai che sei in un porto sicuro,quella forntale, sul cappello di lana la mattina, quando parti per il ghiacciaio che è ancora notte, e quella che avresti dovuto portareti dietro anche per fare la via lunga in falesia, perchè si è fatta notte e adesso devi calarti, o scendere dal sentiero, al buio!
M come Marmotte, a portata di mani e di sguardi, animali affascinanti (e buoni, ops, non dovevo dirlo) che sono di casa in montagna. E come Monte Rosa, la mia seconda casa e Monte Bianco, il mio prossimo obiettivo (se solo avessi il tempo e l'occasione per allenarmi, sigh!)
N come "Non è giornata" o "Non si passa", perchè andare in montagna significa prima di tutto, sapere quando è il caso di rinunciare e tornare indietro. Come Nuvole e Nebbia, temuti nemici di ogni alpinista, che nel giro di mezz'ora possono trasformare una facile scarpinata in ghiacciaio in una pericolosa discesa al buio, fidandosi solo dell'istinto e della conoscenza del luogo.


Foto Mamma Avvocato - riproduzione e duplicazione vietate

O come Onestà, per accettare i propri limiti, per ammettere i propri errori, per non mentire ai compagni di cordata sulla propria preparazione e competenza, che poi le conseguenze le pagherebbero tutti.
P come Picozza, perchè non si va in ghiaccio a su una cascata di ghiaccio senza. Fonte di infinite ed appassionate discussioni sulla lunghezza e la forma ideale per ogni occasione, sulla dragon sì o no, sulla forgiatura ed il peso. Amica fidata delle gite "serie", quella che se non l'avessi avuta e usata al momento giusto, ora non sarei qui a scrivere.
Q come Quattromila, quelli che ho avuto la fortuna di salire e quelli che ancora mi aspettano. Come Quota, quella che c'è chi la soffre e chi no e io li invidio, quella che ti fa mancare il fiato, quella che ti attira come una calamita, quella che è meglio non prendere troppo in fretta.
R come Rifugio, i due in cui ho lavorato per anni in estate e che ho imparato a considerare casa; quelli dove comunque dormo bene e dove la pasta ha sempre un sapore più buono, perchè ho fame e sonno a volontà; quelli dove ci fermiamo a salutare gli amici, dove chiaccheriamo intorno ad un tavolo la sera, dove aspettano il nostro ritorno dalla gita, dove trovi tutta un'umanità varigata che ci vorrebbe un trattato intero; Quelli in cui realizzi che non ti serve altro che cibo, acqua, una giacca a vento e buona compagnia e tutto il resto sono beni superflui. Come Ramponi, spesso superflui ai piedi ma sempre pronti all'occorrenza nello zaino.
S come Sudore, che imperla la fronte, e come Silenzio, quello che non c'è mai, nè in rifugio, dove c'è sempre qualcuno che si alza, che sta male, che tossisce, che borbotta, nè fuori, perchè la montagna ed il ghiaccio sono vivi ed in costante movimento. 
T come Telecabine, quelle che ti permettono di risparmiare tempo e fatica nelle salite e articolazioni delle ginocchia nelle discese ma che se non ci fossero, forse sarebbe meglio.
U come Unione, quella che in montagna a volte fa la forza, quella che serve per prendere decisioni difficili o afforntare ostacoli imprevisti, quella che ti fa sentire vicino agli altri escursionisti o alpinisti. Come Un sorso di vino, che alza la pressione, scalda lo stomaco e scioglie le tensioni e i dietologi e medici sbagliano a condannare perchè la gente di montagna lo sa, che serve (con moderazione, ovviamente).
V come Volontà, come Voglia, quella che se manca, non si arriva da nessuna parte.
Z come Zaino, compagno di vita e di avventure.
Quello da 30 litri, con lo scomparto per le pelli e i lacci per le racchette, per lo scialpinismo; quello da 60 litri, solo per portarsi i vestiti di ricambio in vista di due settimane di lavoro in rifugio; quello da 45 litri, per le escursioni da più giorni; quello leggero ma comodo con lo scomparto per la Reflex e l'obiettivo, che si apre lateralmenten senza toglierlo dalle spalle, visto addosso ad un conoscente alpinista e fotografo e subito ordinato...non posso più vivere senza.



domenica 23 giugno 2013

Fare gruppo, appartenere:anche no, grazie.

L'uomo e' un animale sociale. Non sarò certo io a negarlo, anzi, sono profondamente convinta che le emozioni, le esperienze, i viaggi più belli, si vivano in compagnia, condivedendoli. Non sentirsi soli e' ancora più importante nei momenti difficili o quando si devono affrontare sfide o sostenere pesi che sono troppo, per una persona senza supporti.
Mi piace il confronto, il dialogo, lo scontro, anche. Non per niente ho aperto un blog!
Eppure non sono d'accordo con questa convinzione diffusa che sia così indispensabile "fare gruppo", "lavorare in team" e via dicendo.
Io do il massimo quando lavoro da sola, quando faccio sport da sola, quando devo cavarmela da sola. È non voglio spingere mio figlio a fare parte di nessun gruppo, senza, ovviamente, volerlo isolare.
Credo che coltivare le proprie idee, le proprie opinioni, rispettare i propri gusti ed i propri valori, inseguire i propri sogni, sia infinitamente più importante che essere parte di un gruppo, anche se dovesse significare sentirsi isolati.
Non voglio appartenere a nulla o nessuno che non sia a me congeniale, che mi richieda uno sforzo che vada oltre l'adattamento e somigli all'omologazione.
Certo, nell'adolescenza era diverso, ma ora so che uguaglianza e rispetto non coincidono con "omologazione", con l'essere "tutti uguali".
Anzi, ho timore delle divise, dei grembiuli identici, del vestirsi troppo alla moda, della negazione cieca della diversità, quando non scelti, quando imposti.
Sarò esagerata ma, per me, hanno il sapore del totalitarismo.
La diversità non è un limite, e' una ricchezza, per ciascuno di noi e per la società in generale: che mondo sarebbe se tutti la pensassimo allo stesso modo, se tutti ci vestissimo in modo identico, avessimo la stessa casa, svolgessimo lo stesso mestiere? Un mondo triste e monotono, annientante.
La diversità e' libertà di essere se stessi.
Mi piacerebbe insegnare questo, a mio figlio.
E anche che non si può essere sempre parte del gruppo, che certe volte e' meglio essere esclusi, che non tutti i gruppi sono uguali e che si può vivere anche nuotando contro corrente, purché non si rifugga dagli altri, purché non si nasconda la paura di legarsi ad altri dietro la scusa di non voler essere al servizio di nessuno.
Perché "chi fa da se' fa per tre" e' una verità, in questo mondo, ed è inutile negarlo, ma darsi una mano gli uni con gli altri e' un imperativo morale e così rispettare delle regole comuni: senza, c'è anarchia e privazione della libertà individuale.
Il che non significa menefreghismo, indifferenza o intolleranza. Significa star bene con se stessi, per saper stare bene anche con gli altri.
Forse la penso così perché sono stata cresciuta come un' individualista, anche se da genitori generosi e solidali con gli altri; forse perché mi viene più facile creare un gruppo a mia immagine o stare da sola, che piegarmi alla volontà ed alle scelte altrui, se non le condivido pienamente.
Forse perché, anche se ormai ho superato i trent'anni (ma di poco), non ho ancora imparato a mediare e continuo a vedere il mondo in bianco e nero. Troppo trasversale negli interessi per essere a lungo parte di un solo gruppo, migro da uno all'altro e mi sta bene così, in fondo, anche se non mi spiacerebbe chiacchierare con qualche altra mamma ai giardinetti.
Spero solo che il nano dimostri di avere un carattere sufficientemente forte da non soffrire troppo, da non sentirsi inadeguato o solo quando, inevitabilmente, si troverà ad essere un pesce fuor d'acqua in qualche gruppo. O, in alternativa, che riesca con facilità a sentirsi parte di qualunque aggregazione gli interessi, che vi trovi se stesso.
Questo post partecipa al blogstorming di http://genitoricrescono.com/ , tema del mese: fare gruppo, appartenere.

Come si partecipa | genitoricrescono.com

venerdì 21 giugno 2013

Prove di creatività

Metti un pomeriggio di pioggia.
Metti un pomeriggio senza nonni disponibili e/o baby sitter
Metti un pomeriggio in cui, per la solita ma infallibile legge di Murphy, il nano non vuole saperne di dormire le sue solite due o tre ore e bisogna inventarsi qualche cose (vietato lavorare, ovviamente).
Metti che un post di qualche giorno fa di un'amica virtuale ( La mia vita semplice: Giochi per bambini a costo zero con gli scatoloni) suggerisca idee originali, simpatiche, stimolanti e pure ecologiche, facendomi scoprire quest'altro blog Cardboard Houses | { Ambrosia Creative }.
Mescola il tutto è....ecco il risultato!
Artisticamente personalizzato dal nano, ovviamente!
Non assomiglia molto a quello della creatrice ma, considerato le mie scarsissime doti artistiche, il primo tentativo, il materiale a disposizione e l'irrequietezza del nano durante la "composizione", non mi sembra così male.
Inutile aggiungere che il nano ci ha giocato si è no un quarto d'ora, più dieci minuti per "pitturarla".
Sono soddisfazioni, eh?!

giovedì 20 giugno 2013

Lo scrivo o non lo scrivo? Lo scrivo.

Ho riflettuto a lungo se scrivere o no questo post.
Perchè non so neanche io cosa scrivere e come esprimermi.
Eppure mi ronzano in testa tante parole, tanta voglia di gridare la mia indignazione, almeno qui.
Altrimenti rischio di continuare a rifletterci per mesi, alla ricerca di spiegazioni che forse, semplicemente, non ci sono, perchè a volte è veramente difficile comprendere le motivazioni altrui, mettersi nei panni degli altri.

Qualche giorno fa io, l'Alpmarito, il nano e la nonna bis eravamo in auto, stavamo uscendo da un centro commerciale dove avevamo fatto un acquisto al volo per il nano, eravamo in ritardo per un matrimonio a cui non potevamo mancare, il nano era noioso e l'orologio correva veloce.
Ci immettiamo nella rotonda appena fuori dal centro commerciale, pieno, essendo di sabato pomeriggio alle quattro e posto in un paese, non nella perifieria di una grande città o in un'area industriale.
A lato della roptonda scorgiamo un signore con un tutore alla gamba mal seduto su un muretto, un ragazzino con la bicicletta a terra che lo sorregge, una sedia a rotelle rovesciata sul marciapiede davanti a loro.
Io e l'Alpmarito diciamo quasi in simultanea: "Ci fermiamo? Siamo in ritardo ma ...sembra che abbia bisogno e non c'è nessuno fermo. Sì, ci fermiamo".
Quattro frecce e scendiamo al volo.
Chiediamo al signore se è capitato qualcosa e se hanno bisogno di aiuto.
Lui risponde semplicemente: "Sì grazie".
Io vado a spostare la macchina appena oltre, dove non intralci, avviso la nonna bis che arriviamo subito e torno.
Il signore ci spiega che il ragazzino è suo figlio, lo ha chiamato per farsi aiutare perchè la moglie, che ha la macchina atrezzata per trasportare la carrozzella, non è raggiungibile, che è lì da un bel pò, che nessuno si è fermato, che il figlio non riesce da solo a sollevarlo e comunque la carrozzella si è rotta.
Stava procedendo a lato strada (perchè ovviamente i marciapiedi non hanno rampe per salire e scendere, ovviamente, eh?), quando un'auto ha stretto la curva e ha fatto per investirlo (o così gli è sembrato), quindi si è lanciato con la carrozzella sul gradino per salire su marciapiede, la sedia si è rovesciata e lui è caduto, per fortuna sopra.
Il figlio è riuscito a metterlo sul muretto ma non di più.
La macchina, ovviamente, non si è fermata (se anche si ne è accorta).
L'Alpmarito, che di meccanica se ne intende, per fortuna, aggiusta la ruota al volo e riusciamo a rimettere in sesto sedia e signore. Salutiamo lui ed il figlio, ci scusiamo per l'inciviltà altrui e ripartiamo.
Ovviamente siamo arrivati in ritardo e trafelati ma praticamente in contemporanea alla sposa...andata!

Da allora, però, non posso fare a meno di domandarmi: perchè nessuno si è fermato, nè quando il signore era solo a terra nè quando c'era il figlio (un ragazzino) che cercava invano di aiutarlo.
E se non avesse avuto un cellulare con sè, per chiamare almeno il figlio o i soccorsi? Quanto sarebbe rimasto lì, da solo?
Perchè nessuno ha chiesto se avevano bisogno di aiuto?
Perchè le nostre strade sono inadatte a carrozzine, passeggini, biciclette e sedie a rotelle?
Perchè questa indifferenza, menefreghismo e inciviltà anche qui, vicino a casa, in una cittadina in cui è alquanto improbabile che si tratti di truffe o trucchetti, in un luogo molto transitato?
Perchè?
E se tutti quelli che hanno visto e sono andati oltre, chiaramente sani e autonomi, un giorno si trovassero nella stessa situazione? Come si fa a non pensarci e a non agire di conseguenza?