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mercoledì 5 agosto 2015

Le cinque regole d'oro per lavare bene i denti (anche ai bambini)

A giugno sono andata dal dentista.
L'evento merita una menzione speciale, perchè credo fossero passati sette anni o giù di lì, dall'ultima volta.

Il fatto è che le tre volte nella vita in cui si sono andata non per semplici controlli periodici infantili, nell'ordine:
- avevo un ascesso grosso come una casa e ho dovuto fare terapia antibiotica nonchè soffrire per due otturazioni;
- risolto l'ascesso, mi hanno tolto due denti del giudizio di sotto, cresciuti di traverso nell'osso. Il gusto di osso bruciato in bocca ed il dolore della puntuara di anestesia sono secondi solo al dolore del parto, nel mio ricordo;
- ho tolto anche gli altri due denti del giudizio (o forse erano uno e uno, manco lo ricordo, perchè il male era stato enorme!), sempre tra "atroci sofferenze".
Per non parlare del male ai muscoli ed alle giunture della mascella, durato giorni in entrambi i casi, e il terrore dell'anestesia, che ho sempre avuto.

Insomma, per dire, la mia è fifa nera!!

Però erano mesi che avevo i denti troppo sensibili e le gengive dolenti, nonchè un paio di denti macchiati, così mi sono risolta a prenotare una pulizia dentale.
N.B.: solo la pulizia, peraltro per la prima volta nella mia vita!
Nonostante avessi avvisato l'igienista dentale della mia paura, deve aver pensato a me come ad una matta, visto che ho lanciato un urlo e fatto un salto sulla sedia quando, appena messe le mani in bocca...mi ha spruzzato l'acqua fredda!
Non sto a raccontarvi il seguito, sappiate solo che l'ho costretto ad interrompersi quattro volte per farmi respirare e mi ha trovato una carie, suggerendomi pertanto di prenotare la visita per l'otturazione.
Il dentista, che è anche un amico di famiglia, mi ha guardata in faccia e mi ha detto: "Senti, faccio aspettare il prossimo appuntamento e te lo faccio subito perchè io ti conosco: capace che non torni più e ti tieni la carie!!"
Era proprio ciò che stavio progettando di fare, invece...fatto.

Tutto questo cappello introduttivo per dirvi che, mentre soffrivo, l'igienista mentale ha pensato bene di "istruirmi" e, saputo che avevo un bimbo piccolo, darmi qualche consiglio.

I primi lavaggi !


Ecco cosa ho imparato:
Le cinque regole del lavaggio dei denti

1- usare il filo interdentale;
2- fare risciacqui quotidiani non con un colluttorio, a meno di problemi specifici, ma con semplice bicarbonato di sodio sciolto in acqua (semplice ed economico, peraltro);
3- spazzolare sempre dall'alto verso il basso e viceversa, mai da destra verso sinistra o viceversa, pulire sempre anche l'interno dei denti, a zigzag ed il sopra lateralmente, quello sì avanti ed indietro;
4- usare sempre solo spazzolini morbidi (anche se sembra che puliscano meno e durino poco) e, in caso di sensibilità dentale accentuata, usare dentifrici specifici riparatori applicandone uno strato con il dito mattina e/o sera, dopo aver lavato i denti e lasciandolo in posa fino a che non va via da solo (a meno che sia giorno e sia visibile, ovviamente);
5- e questo proprio non lo sapevo, attendere mezz'ora prima di lavarsi i denti dopo mangiato o dopo bevande gassate o zuccherate, caffè ecc.

Il lavaggio tre volte al giorno è scontato.

Quanto ai bimbi, oltre a ribadire queste cinque regole, salvo il risciaquo con il bicarbonato, perchè rischiano di ingerirlo per sbaglio (il mio non sa ancora tenere in bocca e sputare, per esempio),  mi ha suggerito di lavargli almeno una volta al giorno io i denti, non lasciando che lo faccia sempre da solo. 
Inoltre, dare il buon esempio (che sappiamo, vale più di mille parole), usare solo spazzolini specifici per età e morbidi, per preservare le gengive, ancor più delicate delle nostre, lasciar perdere i dentifrici dei cartoni a meno che non siano di marca e specifici per classe di età, mostrare le mosse giusta davanti allo specchio, 
non terrorizzarli con i racconti del dolore del dentista (no, vabbè, questo non lo ha detto ma sono certa che lo abbia pensato!).

La prima visita? Sia l'igienista che il dentista hanno detto verso i 4-5 anni, prima non serve se non ha dolore.
Mi sa che io aspetterò i cinque: non credo di poter sopportare il suo evenuale dolore !!!
Io, comunque, sono stata promossa a pieni voti: secondo l'igienista si vede che rispetto tutto le regole tranne la prima (in effetti, mi ha beccata!) e l'ultima, che non sapevo.
Il bicarbonato lo usavo già perchè è consigliato per togliere i residui dei farmaci spray cortisonici o simili, che io uso per le allergie e che rischiano di far venire afte o funghi in bocca. 
Non riusciva a credere che per me fosse la prima pulizia dentale in assoluto e che avessi solo due otturazioni vecchie e una sola carie formatasi, dopo così tanto tempo senza controlli: mi ha fatto i complimenti.
In realtà, considerando il mio consumo di miele (zucchero semplice e dolci non più), credo sia anche fortuna o genetica o entrambe!!!

E voi, conoscete altre regole ?
Aiutate i vostri figli a lavarsi i denti ?
Il vostro dentista che consigli vi ha dato?
E soprattutto, solo io ho il terrore del dentista ?!?



mercoledì 27 novembre 2013

Lato A

Leggo molto, penso troppo, scrivo poco.

C'è che non riesco a scrollarmi il pessimismo di dosso.
C'è che tutto si dimostra peggiore di quel che speravo.
C'è che il clima sociale e politico non aiuta.
C'è che mia cugina sta sempre peggio e soffro per lei, per le sue figlie ed i suoi nipoti e le penso sempre, anche se non lo sanno.
C'è che alla mia amica, già alle prese con un serio problema di salute, hanno pure svaligiato casa, rubando risorse e ricordi.
C'è che nella mia famiglia d'origine si respira tensione, fatica, dolore.
C'è che nella famiglia di mio marito non si respira un bel nulla, un muro di gomma insensibile.
C'è che fino alla primavera, andava decisamente meglio e poi il mio mondo si è sgretolato e io vorrei solo stringermi forte al nano e all'Alpmarito ed essere felici perché ci siamo e siamo in salute.
Però il mio umore oscilla e non riesco a rilassarmi mai.
C'è che la scorsa settimana ho chiuso dei bei boulder e delle vie di 6a di 30 movimenti a vista.
Però è da giovedì sera che non riesco più ad alzare un braccio e le mie spalle gridano vendetta anche mentre dormo. Forse non ho più l'età.
C'è che intorno a noi è tutta crisi e sconforto e ci sono più malattie e funerali che lieti eventi.
Ed in effetti, non è che ciò che vediamo e respiriamo faccia venire voglia di metter su famiglia.
Perché non c'è aiuto per chi lo merita, in Italia.
C'è che ho ricominciato con il vaccino per l'allergia, dopo una pausa di due sole settimane, e vivo con la nausea ed il mal di stomaco costante, eliminando un cibo dopo l'altro.
C'è che questa mattina il treno e' partito in ritardo di 30 minuti e adesso  di 10 e " nessuno se ne importa " ( Pino Daniele docet).

C'è che sarà un Natale povero e in tutti sensi, solo che dei regali non me ne frega niente, del calore e dell'affetto, dell'atmosfera e della magia, invece, si. Ed è questa la povertà che mi spaventa di più.
C'è che ascolto gli sfoghi di tutti, ma non ho nessuno con cui sfogarmi io, se non questo spazio bianco virtuale.

E poi c'è il rovescio della medaglia.
Perché voglio, devo, ho bisogno,
di raccontarmi e raccontarvi anche quello.

martedì 17 settembre 2013

Difficili domande, impossibili risposte. O forse no.

Nel fine settimana appena trascorso mi sono trovata a riflettere, con l'Alpmarito, su quanto sia determinante la nostra influenza, in quanto genitori, sul futuro del nano e dei figli in generali.
Ho iniziato a rimuginarci dopo due episodi apparentemente banali.
Uno.
Andiamo in montagna, con l'intenzione di fare una passeggiata tranquilla a mezza costa di un paio d'ore con il nano, biciclettina munito.
Dimentichiamo il casco, nei soliti faticosi preparativi del mattino.
Il nano parte in bici per un sentiero sali-scendi disseminato, ovviamente, di radici di alberi, sassolini ecc.
Io freno, chiedendo di non stare vicino alla riva, di andare piano, di prestare attenzione, "perchè è pericoloso".
L'Alpmarito sbuffa.
Poi si prosegue a bordo strada: il nano sempre sul filo del marciapiede e io già che immagino una caduta con colpo in testa sullo spigolo del marciapiede.
E insisto con le raccomandazioni.
Poi il nano sbanda un pò e, reso insicuro dalle mie parole, in pratica si appoggia a terra, più che cadere, scende dalla bici, si mette a spingerla a mano e mi dici che è troppo pericoloso.
Mi sono sentita uno schifo.
Gli sto facendo venire paure che forse non sono così motivate.
Perchè si può cadere e battere la testa ovunque e mica viaggiamo sempre tutti con il casco.
Ho esagerato, come mi capita spesso quando si tratta di mio figlio.
L'Alpmarito me lo ha fatto notare e mi sono imposta di riflettere di più prima di parlare, di selezionare in anticipo i casi in cui vi è davvero motivo di insistere per la sicurezza e gli altri in cui saremmo comunque disarmati rispetto agli eventi (il casco, però, cercherò di ricordarlo sempre!).

Due.
Un'ora dopo, visita da parente che ci racconta di non essere soddisfatta delle scelte scolastiche e pre-professionali delle sue figlie, ormai maggiorenni. Pensa che stiano accontonando i loro personali talenti e che prendano con leggerezza il cammino scelto. Dice che non si rendono conto che la vita è breve e che quasi mai si fa in tempo a ricominciare o tornare indietro, perchè poi ci si mettono di mezzo tante altre questioni e persone.

Noi, risaliti in auto, pensiamo ad alta voce: quanto si è consapevoli, da ragazzini, quando si sceglie la scuola superiore? Quanto si capisce davvero che aprire una porta significa chiuderne un'altra? E dopo, quando si sceglie (ammesso che si possa) una facoltà universitaria o un mestiere?
Quanto pensiamo di essere liberi e invece di fatto non scegliamo, perchè nella nostra testa "gli altri" hanno già eliminato ogni diversa possibilità?
E quanto influiscono i genitori, in questo? Quanto ne sono consapevoli?
Temo che la risposta sia troppo per la penultima domanda e troppo poco per l'ultima.

Ci ripromettiamo di non in fluenzare eccessivamente i figli, di lasciarli liberi di seguire le loro inclinazioni, di non dare troppi giudizi, di fargli scegliere autonomamente.
E magari ci sembra pure che sia così quando chiediamo loro che sport vogliono praticare e che scuola superiore vogliono frequentare (solo per fermarci alle "grandi" domande).
Eppure, probabilmente, è già tardi: abbiamo già espresso giudizi, con il nostro esempio, con la scelta delle persone da frequentare, con le nostre amicizie, con il nostro stile di vita ecc., e, da piccoli, abbiamo già deciso per loro un'infinità di volte. Volonti o nolenti.

Ed allora, mi chiedo se la casa che abbiamo comprato sia quella giusta, se non a lungo termine almeno per ora. Se l'asilo nido sia quello giusto.
Vivere in un certo luogo NON è indifferente.
Ho avuto amici e compagni che hanno smesso di studiare perchè farsi quasi un'ora di pulmann all'andata e uno al ritorno tutti i giorni, la mattina presto, era troppo.
Che si sono trovati isolati, perchè i loro amici coetani erano restati in paese/città e loro per studiare si erano dovuti spostare.
Per non parlare del'ooferta di sport/corsi/occasioni culturali e sociali che ogni scelta del luogo di residenza comporta.
E sono tutte decisioni che compiamo noi genitori a monte, per i nostri figli.

Vivere in città significa un certo numero di possibilità alternative di frequentazioni e attività.
Vivere in un paese di provincia signofica averne molte meno, forse guadagnando in serenità, rapporti umani e benessere ambientale.
Però dipende da caso a caso.
Decidere di vivere in baita in mezzo alle piste da sci significa sacrifici per figli e genitori, a fronte di un contatto con la natura e una semplicità di vita senza uguali. Forse.
Noi ci abbiamo pensato e ripensato, a dove comprare casa, ma tutto ha un prezzo, ogni soluzione ha svamtaggi e vantaggi e non sappiamo ancora qauli saranno i desideri del nano, quali i suoi bisogni e le sue necessità. Possiamo solo ipotizzarli sulla scorta della nostra esperienza personale, ahimè limitata e soggettiva.

Chi vince, chi perde?

I dubbi rodono, anche se pensi di far bene.
Quando sento di scelte di stili di vita più "estremi", poi, le mie perplessità aumentano.
Bello vivere "tutto naturale", rinunciare a un pò di cose per crearne altre da sè, reciclare, spostarsi a piedi o non spostarsi affatto, rinunciare alla TV ed al PC, essere vegetariani o vegani,trasferirsi in un paese lontano, magari radicalemnte diverso dal nostro, ecc....magari i figli sembrano felici, da piccoli. Crescendo, però, cosa ne penseranno? Siamo così sicuri che non si tratti di una scelta egoistica e che, a sua volta, non sia stata "determinata" dalle decisioni dei nostri genitori.
Non credo.
Forse il segreto, in questo come in tutto, sta nell'equilibrio.
Fosse semplice trovarlo...

Non ho facili risposte perchè non sono facili domande.
Anche questo è essere genitori.

mercoledì 11 settembre 2013

Spero

Vorrei scrivere un post pieno di leggerezza, di ricordi di posti lontani, di sole che ancora brilla, nonostante l'aria autunnale, del sorriso del mio bambino.

Invece non ho avuto neanche il tempo di aggiornare i post sul Portogallo con l'inserimento delle immagini, dopo 3 settimane dal rientro.
Nè ho ancora ordinato la stampa di quelle foto che giacciono da un anno sull'hardisk, in attesa.
Nè sono riuscita a riprendere una qualche attività sportiva.
E la casa rimane un casino.
Sono tornata senza essere mai andata via, non con la testa.
Sono tornata e sono stata catturata dagli impegni, dal lavoro (ed è anche una fortuna), dalle preoccupazioni.
Per la mia famiglia, qualla d'origine, che si è, in qualche modo, spezzata,
per il nano che ha ricominciato con tosse e raffreddori e lavaggi nasali,
per l'Alpmarito, senza più un lavoro ma con tanti progetti e idee in testa
e preoccupazioni e paure (non vuole mostrarli ma so che ci sono),
per la casa che ci aspetta ma sarà un lungo viaggio,
per il futuro ed il presente,
per gli amici che non riusciamo a vedere, nonostante i nostri sforzi,
che forse dovremmo ammettere che allora non sono poi così tanto amici,
ma fa male,
e per loro, soprattutto.

Guardo il nano, anche se febbricitante, con gli occhi rossi ed il nasino che cola ma comunque sano e felice, e poi penso a lui.
Al nostro "nuovo" cuginetto, arrivato con tanto, troppo anticipo, e già segnato dalla vita, dall'incompetenza o dal senso di onnipontenza di medici e infermieri poco accorti, dalla sfortuna, dall'ingiustizia; a lui, che lotta per crescere, anche se, ormai, per sempre rimarrà senza un pezzo di sè.
Penso alla sua mamma ed il suo papà, che vivono con angoscia e speranza, ormai per lui, solo per lui, come solo dei genitori.

E penso a lei,
la mia amica, bella dentro e fuori, 
e a lui,
il mio miglior amico, che la ama.
Penso a loro, alle prese con una malattia che ha colpito lei ma con lei anche lui.
Una malattia che non merita, che non meritano.
Non adesso, poi.

E penso ad altri cugini,
lontani nel grado di parentela e nello spazio
ma non nel mio cuore.
Anche loro alle prese con la malattia,
e, anche se questa volta riguarda una persona anziana, l'età non basta a rendere accettabile il dolore.

Penso a loro e mi sento fortunata.
E in colpa, anche.

Se avessi fede, pregherei per loro.
Se la salute si potesse regalare o comprare, correrei in negozio.
Se conoscessi le parole per farli stare meglio, le direi.
Se fosse medico, li curerei.

Invece.
Non posso donare salute, non conosco parole magiche, non sono un medico e non ho fede.

Telefono, ogni tanto, perchè bisogna entrare in punta dei piedi nel dolore altrui e non voglio che l'interesse si trasformi per loro in pressione, fatica, invadenza. E non so mai quanto sia gradito e quanto no.
Chiedo, e spero.

Spero che, per una volta, al mondo sia rimasta un pò di giustizia.