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venerdì 26 marzo 2021

Le letture di Mamma Avvocato: "Il ragazzo che cavalcava il vento" di Leonardo Soresi

I libri che parlano di sport mi ispirano sempre molto perchè credo che lo sport sia una grande scuola di vita.

C'è stato un periodo in cui ho corso regolarmente, con molte difficioltà ma innegabili soddisfazioni, pur facendolo a livello puramente amatoriale e con tempi da tartaruga appena svegliatasi dal letargo ;-). 

In quel periodo ho letto alcuni libri di podisti che mi hanno motivato (come non menzionare il classico "L'arte di correre" di Murakami), colpito (come "Correre o morire" di Kilian Jornet), interessato (come l'imperdibile "Born to run") o semplicemente divertito e coinvolto (ad esempio "Corro perchè mia mamma mi picchia" o "Parli sempre di corsa" ).

Poi ho evitato, perchè sapendo di non poter tornare a correre, almeno non a breve, mi intristivo.

Quando tra i titoli prenotabili in biblioteca ho trovato questo romanzo, però, non ho resistito.

"Il ragazzo che cavalcava il vento" di Leonardo Soresi,

ed. Ponte delle Grazie, 2014, pag. 266


Il protagonista è un giovane indio tarahumara che ha appena compiuto 16 anni, Javier, che con un paio di huarache (i tradizionali sandali di pelle di cervo), che vive nel canyon del Barranca del Cobre, nel cuore del Messico, insieme al padre.

 Avevo letto dei tarahumara, straordinari corridori, in "Born to run" e quindi sapevo già qualcosa di questa popolazione, che vive in estrema povertà in condizioni difficili, lottando contro i trafficanti di droga che vorrebbero impadronirsi delle loro terre, la polizia corrotta e spesso anche il pregiudizio ed  il disprezzo degli altri messicani.

Nella vicenda narrata nel libro c'è tutto questo ma anche un'interessante protagonista femminile, Juanita, e soprattutto, c'è la corsa, protagonista indiscussa insieme ai sentimenti, alle motivazioni, alle fatiche ed alle gioie di chi ne è appassionato. 

Javier si allena per rarahipa, una corsa ad eliminazione, in cui vince chi non si ferma e che costituisce un vero e proprio rito di iniziazione all'età adulta per i giovani maschi (perchè le ragazzem, anche se vogliono, non possono partecipare). 

"Anzi, era probabile che il rarahipa sarebbe stata l'ultima esperienza che avrebbero compiuto insieme, l'ultimo ricordo comune prima della partenza i Santiago per Chihuahua. E già subito dopo il via si erano separati: nuno davanti e uno in coda  al gruppo. Uno a tirare calci fuoriosi alla palla, non aspettando altro che tutto questo finisse per potersene andare via. L'altro in coda ad aspettare invece chissà cosa: non certo la gloria, nè la vttoria. Forse solo un pizzico di magia, quella che ricopre come polvee d'ali di farfalla i sogni dei bambini che giocano." pag. 42

Lo corre, si confronta con i suoi avversari, anche con chi ha scelto di emigrare e: ... "Come tutti i tarahumara che si erano trasferiti fuori dal nayon, era divorato dalla smania di dimenticare le proprie radici, abbracciando ogni novità che veniva dal mondo esterno. Per lui la corsa non era altro che una formula matematica, in cui solo il meglio allenato e il più esperto potevano vincere. Non capiva che c'era quancosa d'altro: il fuoco, la passione, l'imprevedibilità del destino. Javier sapeva che la vita non era solo tecnica e razionalità: era soprattutto fatta di carne e sangue e di un sogno nasconto in fondo al cuore."  (pag. 52)

E lo sa anche un bianco che vive nel canyon e deciderà di aiutare Javier e la sua ragazza, Juanita, a proteggere la terra che anch'egli ama e ha scelto, anche se questo significherà allenare il giovane per la più difficile ultramaratona americana, la Western States.

Ovviamente gli ostacoli saranno molti, a partire dalla reciproca diffidenza, allo sforzo fisico al passaggio della frontiera da clandestini ma anche lo sconforto, il dolore, il senso di colpa, la pressione altrui.

 "L'unico (consiglio) che posso darti è quello di non adagiarti a fare la vita che fanno quasi tutti, amando poco, lottando poco, lasciando che il tempo scorra senza fare nulla. Ne ho incontrati troppi che hanno vissuto così, e che continuano a raccontarsi giorno dopo giorno che quel poco che hanno combinato è dovuto alla mancanza di talento o alle circostanze sfavorevoli. No, la ragione del poco che facciamo sta sempre in noi. Siamo noi che ci accontentiamo e non tentiamo di vivere i nostri sogni più grandi, nascondendoci dietro la scusa del realismo e del senso pratico." (pag. 264).

Il finale, a sorpresa, è emozionante.

Un libro che è una storia di fantasia ma scritta da chi la Western State Endurance Run, la 100 miglia più importante del mondo tra le monatgne della Sierra Nevada, l'ha corsa davvero e come primo italiano, nel giugno del 2009.

Un romanzo che rammenta quanto sia potente la forza di un sogno, se ci si impegna con tutti se stessi per cercare di realizzarlo.

"La vita non è fare una somma o risolvere un'equazione che ha un solo risultato. Vivere significa cercare di dipingere, ogni giorno, un pezzetto di un quadro, con i pochi colori che ci sono stati dati. Per questo penso che tu possa farcela", pag. 163

Questo è il mio consiglio per il consueto appuntamento con il venerdì del libro, ideato da Paola.

venerdì 4 ottobre 2019

Le letture di Mamma Avvocato: i libri dell'estate 2019

Questa estate ho letto, anche se non sempre in modo soddisfacente.
Ecco allora una panoramica dei miei libri dell'estate 2019, agosto e settembre (le letture di giugno e luglio consigliate le trovate qui, qui e qui).

Quando l'estate volgeva ormai al termine, è arrivata una ventata di freschezza con  "Divino amore" di Stefania Bertola (ed. Einaudi, 2019, pag. 258).


I romanzi di questa scrittrice mi piacciono quasi sempre, d'altro canto, per la loro ambientazione tra le strade di Torino, che mi fa sentire un pò "a casa"; per i suoi personaggi, quasi tutti femminili, così fuori dalle righe ma, nello stesso tempo, così ordinari nella loro quotidianità, per il modo in cui gioca a combinare trame originali e un po' improbabili basate su incontri apparentemente casuali che, nella realtà, non sono poi così rari, soprattutto in una città che sembra tanto grande ma è in fondo un paesone in cui, gira e rigira, in ogni ambiente si conoscono tutti; per la sua ironia, che non guasta mai; per la schiettezza con cui si esprimono le sue "eroine".
Insomma, anche questo romanzo mi ha divertito e rilassato, come i precedenti della Bertola (li trovate sotto l'etichetta "Bertola", appunto!).

" - Pure l'amore si costruisce?...(omissis)..
Kevin ci pensa un attimo. Non è una domanda da prendere alla leggera.
 - L'amore ..dipende quale. Certi sono come i mobili che compri dai cinesi. Porti a casa, usi tre mesi, e poi si butta. Certi sono come i mobili dell'Ikea, che fai un casino di fatica a montarli e poi sono bellissimi ma dopo qualche anno i cassetti tipo si sfondano."
- Ah-, Rodrigo sembra soddisfatto della risposta. - Vedi? Non è roba che dura. O se dura, ti stufa, come i mobili delle zie.
- Tranne certe volte, che magari trovi un armadio o un como' al mercatino dell'usato, e capisci subito che di quello non ti stancherai mai, se lo modifichi un po'. Devi sempre modificarlo un po'.Tipo una credenzina che abbiamo noi, che l'abbiamo diointa di azzurro, prima era carina ma potevamo stufarci. Adesso è una roba che non mi stanco mai di guardala. Non lo so perché. Sarà quel punto di azzurro.
Rodrigo annuisce, e chiude.
...."
Stefania Bertola, "Divino amore", pag. 240-241.


Leggero, scorrevole e abbastanza divertente anche "La famiglia prima di tutto" di Sophie Kinsella (ed. Mondadori, 2019, pag. 330), un'altra autrice in cui mi rifugio con soddisfazione quando ho bisogno di letture tranquille (anche di questa scrittrice, troverete altri consigli di lettura nel blog, se vorrete).
Questa volta, però, confesso che la protagonista femminile mi ha fatto arrabbiare, almeno per 2/3 del romanzo: troppo arrendevole, debole, manipolata, sentimentale...
Avrei voluto darle uno schiaffo e dirle di svegliarsi. Ed in effetti, nel finale...
Non dirò oltre, per non rovinare la lettura, che comunque consiglio.



Prima, nel pieno del caldo estivo, mi hanno tenuto compagnia la sera storia insolite e forti, frutto di indagini giornalistiche condotte, con dovizia di ricerche, da Jon Krakauer, in "Estremi. Dall'Everest al Pacifico: avventure di uomini straordinari"  (Ed. Corbaccio, 2018, pag. 185).


Una raccolta senza un filo conduttore evidente, se non la peculiarità di scelte insolite, che mi ha mostrato i retroscena della moda dei campus  estivi di formazione nella natura per adolescenti, che in America ha assunto più volte tinte fosche e tragiche, ma anche parlato di alpinismo, impatto dell'uomo sull'ambiente nei parchi nazionali e dell'ìambiente sull'uomo, con i pericoli di vulcani solo apparentemente sopiti.
Consigliato, anche per stimolare la curiosità e la voglia di conoscere realtà diverse.

Non sono mancati altri romanzi, come "Sindrome da cuore in sospeso" di Alessia Gazzola, il prequel della serie dedicata ad Alice Allevi, che ancora non avevo letto e che mi ha mostrato una Allevi più giovane e immatura, alle prese con la decisione di scegliere la specializzazione in medicina da iniziare e l'inizio del suo amore per il professore Claudio Conforti, dopo che avevo già conosciuto tutta l'evoluzione della protagonista, sino all'ultimo romanzo, "Il ladro gentiluomo" non dei più allegri ma sempre appassionante.
Piacevole e imperdibile, se amate la serie.

La stessa Alessia Gazzola mi ha sorpresa con un altro romanzo, con protagonista sempre una giovane donna ma non medico legale, in "Lena e la tempesta", uscito nel 2019 (Ed. Garzanti, pag. 186).


D'altro canto, "Non è la fine del mondo", con cui l'autrice aveva "abbandonato" Alice Allevi per un romanzo rosa diverso, senza però perdere lo stile divertente, schietto e frizzante che la contraddistingue, mi era piaciuto ancora di più dei libri dedicati al medico legale romano, per cui non avevo particolari timori nello scegliere "Lena e la tempesta".
Il romanzo infatti mi è piaciuto, però non quanto mi aspettavo, perchè la storia, pur positiva, prende avvio da un grave trauma subito dalla protagonista, presto svelato dalla stessa Lena narrante, e dalla necessità di elaborarlo per imparare ad amare. Insomma, una lettura abbastanza forte.

Alice Basso, conosciuta con "L'imprevedibile piano della scrittrice senza nome", non mi ha convinta altrettanto con "Scrivere è un mestiere pericoloso" (ed. Garzanti, 2016, pag. 337), che comunque consiglio perchè ha una trama isolita e ben costruita, scorrevole e con due protagonisti, Vani Sarca ed il commissario, che è difficile non apprezzare.
Ritengo tuttavia preferibile approcciarsi alla scrittrice con il primo romanzo, prima di leggere questo.


 Infine, ma non ultimi in ordine di apprezzamento, Andy McNab, con "Silencer" (ed. Longanesi, 2017, pag. 455)



e Manolo, ovvero Maurizio Zanolla, che racconta la sua infanzia e la sua vita da arrampicatore in "Eravamo immortali" (ed. Fabbri, aprile 2018, pag. 385).


Dei romanzi di Andy McNab ho già scritto molto, sul blog (l'ultima volta, qui; la prima, qui), perchè io li trovo insuperabili, se cercate romanzi d'azione e di spionaggio avvincenti e realistici e li volete scritti in modo scorrevole.
D'altro canto, l'autore dal 1984 al 1993 ha fatto parte del SAS - Special Air Service, il reparto d’elite dell’esercito britannico, quindi conosce la realtà che romanza.
In più è difficile non affezionarsi al protagonista, Nick Stone, seguendolo nella sua crescita e maturazione personale, di missione in missione.
Insomma, per me è una certezza del genere "thriller" o "spionaggio" e non mi perdo nessuno dei suoi libri (o meglio, di quelli tradotti in italiano), perchè non mi deludono mai.

Manolo, all'anagrafe Maurizio Zanolla, è invece....il Mago.
Ovvero, se arrampicate lo sapete di certo.
Se non arrampicate, dovreste almeno cercare di conoscere la sua storia, perchè è uno dei più forti climber italiani e uno dei primi arrampicatori in libera d'Italia  (per esempio, è stato il primo italiano a fare una via d'arrampicata di difficoltà 8b con l'Ultimo Movimento in Totoga nel 1986, senza contare l'8a con Masala Dosa sulla falesia di San Silvestro nel 1992 in free solo).
Io ho avuto la fortuna di osservarlo e sentirlo raccontare le sue scalate dal vivo, anni fa, e vi assicuro che fa venire i brividi.
Il suo libro, a parte i capitoli dedicati ad infanzia e giovinezza, molto interessanti per chi apprezza le biografie, è dedicato a chi l'arrampicata un pò la conosce, perchè è un'insieme di aneddoti e racconti di scalate importanti.
Mancano, a mio parere, maggiori riflessioni intime e personali, che avrebbero arricchito la narrazione.
Consigliato agli amanti della roccia.


Nel mentre, c'è stata anche qualche lettura per bambini e ragazzi fatta ad alta voce insieme al ricciolino (a cui dedicherò un altro post) e un paio di libri che non consiglierei, di cui dunque non sto a scrivere.

Con questo post torno a partecipare all'appuntamento con i venerdì del libro di Home Made Mamma.

mercoledì 14 febbraio 2018

I libri del 2017 secondo me

I libri del 2017: la mia classifica


L’anno appena trascorso mi ha vista tenere meticolosamente conto di tutti i libri letti.
Non pochi, considerando che è stato l’anno di una gravidanza non semplicissima, dei primi mesi di vita dei miei gemellini e del trasloco: 
50 tondi tondi
senza contare le letture per l’infanzia gustate insieme al ricciolino “a puntate”, sera dopo sera (come “Matilde” e “La fabbrica di cioccolato” di Roald Dahl, una  versione per bambini dell’Odissea ecc.).
Soprattutto romanzi, di vario genere, 4 “manuali” (“Urlare non serve a nulla”, “Il magico potere del riordino”, “Il metodo danese per crescere bambini felici” e “Io mi svezzo da solo”), di dubbia utilità (tanti spunti, qualche nozione utile, molto buonsenso o banalità, qualche assurdità), 7 letture “mammesche”, tra cui un fumetto francese e 2 saggi.

Di alcuni romanzi, leggendo il titolo, fatico ad evocare la trama, pur ricordando le impressioni che avevano suscitato in me ed il piacere della lettura.
Altri, invece, mi sono rimasti davvero impressi favorevolmente.

Tra questi:
  • Il premio “trama più divertente ed originale” è da dividersi equamente tra due dei tre libri di John Niven (“Le solite sospette” e “A volte ritorno”) e “L’analfabeta che sapeva contare” di Jonas Jonassen;
  • A volte ritorno” vince però senza dubbio il premio “romanzo più dissacrante”;
  • Il riconoscimento "autore più pazzo" va ad Alex Honnold, con il suo "Nel vuoto. Solo in parete". Devo ancora parlarne nel blog ma vi basti sapere che è un free climber, ovvero un fortissimo scalatore che ha realizzato delle salite difficilissime slegato;
  • il premio “interesse storico” lo assegno a pari merito a “L’invenzione delle ali” di S.M.Kidd ed “Il Giudice delle donne”, sulla lotta alla discriminazione razziale in America, il primo, ed il riconoscimento del diritto al voto alle donne in Italia, il secondo;
  • "Miglior thriller" a "Finché sarò tua figlia" di Elizabeth Little;
  • il premio “nostalgia e commozione portami via” a “Le otto montagne” di Paolo Cognetti, che mi è piaciuto al di là della retorica e dell’eccesso di stereotipi che pure vi ho trovato e “L’ultima settimana di settembre” di Lorenzo Licalzi, seguito a ruta da Lorenzo Marone con “La tentazione di essere felici”;
  • coppa “romanzo classico da non perdere” a “Il bar delle grandi speranze” di J.R. Moehringer;
  • il riconoscimento “in apparenza banale ed invece profondo” a “Qualcosa” di Chiara Gamberale;
  • medaglia “libri sulla maternità”  a “Pensieri rotondi” di Maddalena Capra Lebout. Non un romanzo ma una raccolta di pensieri in cui immedesimarsi, con cui riflettere e commuoversi;
  • tra i libri “leggeri eppure che meritano” vincono “Come fu che Babbo Natale sposo’ la Befana”  di Andrea Vitali e “Un chien de saison” di Maurice Denuzere;
  • "medaglia all'ottimismo" per la raccolta di esperire di vita e di successo contenute in "Cosa tiene accese le stelle" di Mario Calabresi;
  • Infine, il premio “non so in che categoria collocarlo ma vale la pena leggerlo” spetta a “L’estate fredda” del sempre magistrale Gianrico Carofiglio. 

Tra i saggi e manuali, un posto d’onore lo riservo a “Tanta gioia, nessun piacere” di Jennifer Senior, di cui non ho ancora scritto perché talmente ricco e interessante da non essere facilmente riassumibile.

Scorgendo l’elenco, mi sono accorta che sono sempre tanti i titoli che ho scelto legati alla montagna ed altri sport e/o sportivi.
Quest’anno, i migliori per me sono stati: 
-“Più veloce del vento” di Tommaso Percivale, che racconta la storia straordinaria di Alfonsina Strada, nata Morini, la prima ciclista italiana a correre il Giro nel lontano 1924, 
-“La montagna dentro” di Herve’ Barmasse, grande alpinista valdostano e atleta coraggioso,
- “L’ultimo abbraccio della montagna” di Silke Unterkircher, celebrazione di un alpinista e profondo amante della montagna che era anche un marito ed un padre, seguito da 
-“Correre o morire” di Kilian Jornet, un runner davvero fuori dal comune, non solo per i risultati raggiunti.

P.s. Di quasi tutti i libri sovra menzionati, ho parlato su questo diario virtuale in occasione del venerdì del libro: vi risparmio i numerosi link ma sappiate che, se vi interessa, potete trovare i relativi post usando il campo per la ricerca a lato pagina.

E voi, avete fatto un bilancio delle letture dello scorso anno e/o elaborato una vostra classifica di merito? Quali titoli, tra tutti i letti, mi consigliereste e perché?


venerdì 3 novembre 2017

Le letture di mamma avvocato: Più veloce del vento

“Più veloce del vento” di Tommaso Percivale, ed. Einaudi Ragazzi


Finalmente torno a scrivere in occasione del Venerdì del libro di Paola.
Ad essere sincera, di libri di cui parlare ne avrei più d’uno perché, se ho saltato l’appuntamento con i libri, non è per mancanza di letture.
Oggi voglio consigliare un libro che appartiene ad una serie per ragazzi, indicato dai 12 anni ma che, secondo me, e’ una lettura adatta anche agli adulti, sia per lo stile, molto curato e dal lessico affatto povero o semplice, con l’uso di una sintassi complessa e non semplificata per giovani lettori (come avviene in altre collane per bambini/ragazzi), sia per la storia.

Si tratta, infatti, della biografia romanzata di Alfonsina Morina, coniugata Strada.
Nata a Castenaso, nella campagna nei pressi di Bologna, nel 1891, seconda di nove figli di contadini poveri, Alfonsina divento’ la prima ciclista italiana di rilievo, la prima donna a correre il giro di Lombardia ed il Giro di Italia, detentrice del record mondiale di velocità femminile nel 1901, dopo otto anni da quello stabilito da una ciclista francese, partecipante al Grand Prix di Pietroburgo nel 1909 (quando lo zar Nicola II le consegno’ un premio di incoraggiamento in denaro).

La sua storia e’ la storia di tutte le donne che, negli anni, hanno lottato contro pregiudizi, convenzioni e limitazioni, per poter accedere a sport (ma anche mestieri) ritenuti appannaggio degli uomini, scontrandosi con la propria famiglia e il proprio paese, pur di inseguire un sogno, il loro sogno.

Alfonsina impara a pedalare di nascosto, recandosi di notte nel fienile di famiglia, dove il padre teneva una bicicletta sgangherata, partecipando alle prime gare domenicali mentendo alla madre, subendo punizioni corporali dal padre  e aperte denigrazioni da compaesani e giornalisti perché osava correre e, per giunta, indossando pantaloncini corti che lei stessa si era cucita.
Perché Alfonsina era una sarta, sposatasi giovanissima con quello che divento’ il suo primo sostenitore, che amava troppo il vento tra i capelli e l’ebrezza della velocità e non voleva arrendersi al galateo ed al matrimonio come una prospettiva di possibile felicità.
Una ciclista che correva per il semplice e puro piacere di pedalare e lo faceva bene, meglio di molti uomini.

Un racconto interessante e appassionante che non potrà non piacere agli sportivi, ma anche a semplici appassionati di ciclismo e di storia, perché è anche uno spaccato delle vita nelle campagne bolognesi all’inizio del novecento e un pezzo di storia del ciclismo italiano (con le prime gare al Parco del Valentino di Torino, dove è nato il primo “club ciclistico” italiano).


Un libro dedicato ad un target giovanile forse perché ideale per insegnare che i sogni e le passioni, se coltivate con tenacia, possono condurre lontano.

sabato 3 giugno 2017

Le lettura di Mamma Avvocato: tra alpinisti e cantanti

E' qualche giorno che non scrivo: lavoro freneticamente per fare tutto il possibile prima del parto (pura utopia...), continuo con visite ed esami (oltre a passare un intero pomeriggio al pronto soccorso), riempio scatoloni, libero cassetti subito occupati da tutine e bodies freschi di bucato, accedno lavatrici ecc. ecc.), cerco di riposare quando posso. Che poi tutto dipende da cosa si intende per riposo.
Comunque.
Non sono più riuscita a scrivere, però ho continuato a leggere e oggi vorrei consigliarvi tre libri che mi sono piaciuti molto, di cui due a tema montagna.
Perché parrà strano, ma più fa caldo più io sogno le cime!!!

"La montagna dentro" di Herve' Barmasse

ed. Laterza, pag. 225



"Alcune persone sembrano non capire che l'esistenza è un cammino, un'evoluzione, una crescita."

"Ognuno di noi nella propria vita lascia, nel bene o nel male, una traccia: non c'è bisogno di gesti eroici, bastano piccole azioni che nella maggior parte delle persone parranno sciocchezze, inutilità. Come scalare le montagne.
Ma sono quelle cose di poco conto per gli altri, e per noi di importanza vitale, quelle in cui noi crediamo, alle quali diamo un senso, a rendere la nostra vita differente, unica. A regalarci la felicità". Pag. 224

Barmasse è un alpinista valdostano che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente, perchè frequenta la palestra di arrampicata dove andiamo noi.
Inoltre, tiene regolarmente conferenze in Valle ed ogni volta, ascoltarlo è un piacere.
Perchè sa essere coinvolgente, sa trasmettere la sua passione e la sua filosofia di vita e di scalata, di alpinismo, che poi è esattamente quella che apprezziamo io e l'Alpmarito e che, se avessimo dedicato la vita all'alpinismo, avremmo abbracciato.
Scalate in vie possibilmente nuove, anche su montagne non famose ma ancora inesplorate, salite "in stile alpino", ovvero veloci e con la sola attrezzatura indipensabile, senza corde fisse, portatori, ossigeno ecc. ecc. , anche in solitaria.
Il libro racconta alcune delle sue imprese, le ragioni delle sue scelte ed il suo modo di concepire la vita in montagna, senza tralasciare le difficoltà, la perdita di amici e i numerosi infortuni.
Al centro, il Cervino, montagna simbolo e re della "sua vallata".
Un Cervino su cui l'Alpmarito è già salito due volte e che io ancora non ho avuto occasione di affrontare (non volendo affidarmi ciecamente ad una guida ma preferendo provare a scoprirlo con l'Alpmarito, contando sulle nostre capacità, come sempre abbiamo fatto fino ad ora).


Una lettura adatta a tutti gli amanti della montagna.

 ***

"L'ultimo abbraccio della montagna" di Silke Unterkircher, con Cristina Marrone

ed. Bur, pag. 216



"Non mi sono mai pentita di averlo lasciato andare, anche l'ultima volta. Se avessi chiesto a Karl di non partire, di rinunciare all'avventura, forse lui oggi sarebbe ancora qui, accanto a me. Ma non sarebbe stato l'uomo, un po' sopra le righe, ma unico e speciale, che ho conosciuto e amato..(...). Aveva nel cuore la sete dell'infinito. Io l'ho sempre saputo. Ed è per questo che ho accettato le angosce delle separazioni, le lunghe assenze, le ore di ansia e trepidazione, quando non avevo più sue notizie..." pag. 203

"Siamo nati e un giorno moriremo. In mezzo c'è la vita. Io lo chiamo il mistero del quale nessuno di noi ha la chiave..." Karl Unterkircher

Non si tratta di un'autobiografia, come il libro precedente, ma della storia delle ascensioni e della vita di un altro grande alpinista, questa volta altotesino, raccontati dalla sua compagna, rimasta vedova, con tre bimbi piccoli da crescere, nel 2008, a seguito della caduta di Karl in un crepaccio sul Nanga Parbat.

Non è, pero', un libro intriso di tristezza, tutt'altro. E' il racconto di un grande uomo che "aveva nel cuore la sete dell'infinito" , delle sue avventure e dei suoi sogni, nonchè il racconto di un amore di coppia forte, disinteressato, profondamente altruista.



Come il libro di Barmasse, anche questo è perfetto per gli amanti della montagna ma anche per chiunque voglia capire il perchè di avventure ed imprese che, a chi non ha mai visto l'alba sorgere su un ghiacciaio o non ha mai provato la soddisfazione di raggiungere una cima di roccia, forse sembrano eccessivamente rischiose od insensate.

***

"Fuori e dentro il borgo" di Luciano Ligabue, 

ed. Baldini&Castoldi, "I tascabili", pag. 179


 Una raccolta di racconti, ciascuno relativo ad un ricordo, ad un episodio del passato vissuto direttamente dal cantante o dai suoi amici.

Tutti ambientati nel borgo emiliano di origine di Ligabue, con protagonisti personaggi tanto stravaganti e sopra le righe da apparire incredibili. 
La musica, la vita sociale, la droga e le pazzie di una generazione.
Da leggere anche senza necessariamente seguire l'ordine dei racconti, per ritrovarsi immersi in un'atmosfera particolare e intuire da dove arrivano le canzoni "del Liga", uno dei miei cantanti preferiti!

Da due dei racconti del libro è nata, nel 1998, la sceneggiatura del film "Radiofreccia". Se non lo avete ancora visto, fatelo.

Per gli amanti del genere!

Con questo post, seppur con un giorno di ritardo, partecipo all'appuntamento con il Venerdi' del Libro di Home Made Mamma.






venerdì 10 marzo 2017

Le letture di Mamma Avvocato: "Correre o morire"

"Correre o morire" di Kilian Jornet, 

Vivalda Editori, I licheni 2.0, pag. 197



Per chi non conoscesse l'autore,  Kilian Jornet, classe 1987, e' un campione di scialpinismo e corse in montagna d'estate, che ha collezionato record straordinari, tra cui quello di velocità nella salita al Cervino.

In questo libro l'atleta parla di corsa e di corse, ricordandone alcune, descrivendo sensazioni, paesaggi e preparazione.

"Correre è un'arte, come dipingere un quadro o comporre un brano musicale. E per creare
un'opera d'arte bisogna aver chiari quattro concetti fondamentali: tecnica, lavoro, talento e
ispirazione.
E tutto ciò deve essere coniugato all'interno di un equilibrio vitale. Bisogna
padroneggiare la tecnica alla perfezione, evitare tutti i movimenti inutili, che non servono a
spingerci e a portarci più lontano, e che sprecano solo energia. Bisogna fare attenzione ai
movimenti, prendermene cura e proteggerli. Ogni corridore ha un modo naturale di correre e lo
deve assecondare, lo deve perfezionare."
Pag. 47

Però il libro è molto di più.
E' il racconto di storie di vita, dei pensieri e delle riflessioni di un atleta che è anche un grande uomo, perchè ha imparato a lottare, soffrire, affrontare successi e fallimenti e attribuire ad ogni gara il giusto valore.
E' dunque un libro che parla di corsa, ma anche dei valori di ogni sport, a qualunque livello sia praticato , nonchè di ideali, sogni e valori.
Che parla della vita e del modo in cui possiamo affrontarla.

"Nel momento in cui superi coloro che idolatravi e ti converti nel tuo stesso idolo, finisce la magiadello sport. I riferimenti servono a indicare un cammino, a sapere che devi lottare e lavorare per ottenere ciò che hanno ottenuto loro. E quando lo hai ottenuto, quando esiste solo una persona
che puoi superare e in cui puoi specchiarti, è quella persona sei tu stesso, vuol dire che non hai
capito niente...Se la persona che volevo imitare ero io stesso, non avevo margini di miglioramento,
ero bloccato e non potevo guardare con umiltà tutti coloro che erano superati da mio idolo.
Quando smarriamo la strada, quando il treno su cui viaggiamo si ferma perché ormai ha
attraversato tutte le stazioni che voleva attraversare, è allora che ci accorgiamo di non averne
attraversata nessuna, che nessun traguardo è reale, che nessuna vittoria è valida, se non dentro di
noi.

Alba sparì, ma andandosene mi fece capire che le vittorie hanno l'importanza che gli attribuiamo, e
che, per quante vittorie si ottengano, saranno valide solo per noi è che, fuori da questa cornice,
sicuramente saremo dei perdenti. Ognuno può essere re a casa sua, pero all'estero sarà
vulnerabile e si sentirà smarrito. E questo non mi demotivò affatto come se fossi un Forrest Gump
che correva, correva molto, ma non sapeva fare nient'altro, bensì mi diede la forza per trovare altri
idoli: quelli che sono in ogni persona. Mi spinse a cercare la forza in coloro che mi circondavano,
perché non è più forte colui che arriva per primo, bensì colui che gode maggiormente facendo ciò
che fa
". Pag. 141

Le parole dell'autore mi hanno colpita molto, per la loro lucidità, consapevolezza ed umiltà, che non ti aspetti da un campione di questo calibro.
E poi c'è una caratteristica di Kilian Jornet che me lo fa apprezzare e che ho notato anche quando ho avuto occasione di sentirlo parlare dal vivo, nel corso di una conferenza nel paesello vicino in cui raccontava della corsa al Cervino e della montagna.
Una caratteristica che si nota subito guardando un qualsiasi suo filmato di corsa e che traspare da ogni pagina del libro.

Kilian Jornet non si limita a correre. Lui salta tra le rocce ed i sentieri con vitalità ed entusiasmo. Lui corre sempre FELICE.
Guardate questo breve video, per capire.


Trasmette voglia di uscire, di andare in montagna, di mettere le ali ai piedi, di muoversi, di cercare il contatto con la natura, di fare.

Come una persona che fa esattamente quel che sente di essere nata per fare e che ama alla follia.
E non ce ne sono tante di persone così.

"La montagna è tornata grande e io sono diventato una semplice foglia il cui destino dipende da
come tira il vento. Però, alla fine, non è questo che cerchiamo quando andiamo in
montagna.Quando andiamo a correre sui crinali? Sentirci umani, sentirci insignificanti in questo
mondo, piccoli, circondati da una natura con una forza spropositata.
Come un neonato smarrito
che cerca sua madre per proteggersi dall'immensità di un mondo sconosciuto. E lottare per vincere
o, che poi è lo stesso, passare inosservati,
senza far rumore per non svegliare l'orco, tra questi
giganti che ci circondano, fino a raggiungere le braccia materne."
Pag. 114

Io, che già avevo apprezzato molto un altro suo libro, "La frontiera invisibile" (di cui ho parlato qui), più incentrato sulla montagna e sull'alpinismo e ricco, come questo, di riflessioni e pensieri capaci di colpire al cuore di ciascuno di noi, non posso che consigliarlo a tutti coloro che amano o vorrebbero amare la corsa o la corsa in montagna, o entrambi o comunque una pratica sportiva in generale, quale che sia.


Con questo post partecipo al consueto appuntamento con il Venerdì del Libro di Home Made Mamma.

venerdì 20 maggio 2016

Le letture di Mamma Avvocato: "La fatica non esiste"

Per questo venerdì del libro, vorrei consigliarvi

"La fatica non esiste" di Nico Valsesia, con Andrea Schiavon

ed. Mondadori, collana "Strade blu", pag. 12, 16,00 Euro, ebook disponibile



Probabilmente avrò già annoiato i miei lettori, a forza di proporre libri scritti da sportivi.
Tuttavia non posso farne a meno perchè, per me, sono indispensabili come i romanzi rosa, i gialli, i romanzi a tema legale e qualche saggio.

Mi piace variare e mi piace non solo immergermi in mondi di fantasia ma anche, seppur per il tempo di una lettura, nella realtà quotidiana di uomini e donne allo stesso tempo normali e straordinari, come molti sportivi sanno essere.

In questo caso non avevo mai sentito nominare l'autore ma solo una delle sue imprese: dal mare della Liguria alla cima del Monte Bianco in 16 ore e 35 minuti, prima in bici e poi a piedi. Un record mondiale.
Tuttavia non è per questo che ho cercato il suo libro ma perchè ho saputo che verrà presto a parlare ad una serata organizzata dalla biblioteca locale. 
E io ci devo arrivare preparata, ovviamente!
Il titolo del libro, poi, mi ha subito incuriosita.

Così ho ordinato il suo romanzo e devo ammettere di essere rimasta sbalordita dal racconto delle sue imprese, senza dubbio "estreme" in termini di impegno e fatica.
Ancor di più, però, sono rimasta piacevolmente sorpresa dal leggere in quanti luoghi lontani lo hanno condotto le sue passioni e quante belle persone ha incontrato sul suo cammino.

Non ci sono solo record e sfide, c'è la voglia ed il gusto di scoprire e tentare, sin dall'infanzia, con quel pizzico di incoscienza e follia che può rendere davvero grandi!!!

"A mettere in fili gli incontri fatti così, in giro per il mondo, mi rendo conto di quanti sorrisi e aiuti abbia ricevuto da persone che non avevo mai visto prima e che non avrei mai più incrociato dopo. Certo, si sono anche gli episodi spiacevoli, i tentativi di furto e i tipi loschi da cui girare alla larga. Ma le persone disposte a darmi una mano ed a permettermi di andare avanti sono state di gran lunga più di quelle che mi hanno creato ostacoli. Credo che ciò abbia a che fare con la disponibilità verso il prossimo, che certi popoli non hanno perso.Poi, certo, caontato lo spirito e il modo con cui ci si presenta: un viandante a piedi o in bicicletta non è mai percepito come una minaccia. Anzi, cè la curiosità di sapere da dove arriva, com'è giunto sino a lì e dove lo porterà la sua tappa successiva. Così gli incontri divenano parte integrante del viaggio e una zuppa in scatola, condivisa davanti al fuoco, vale un firmamento di stesse Michelin. Perchè ci sono servizi che puoi comprarti con il denaro, ma ci sono terre in cui i soldi tornano a essere ciò che sono: carta che non può scaldarti, non può nutrirti e non può toglierti dai guai."  (pag. 49).

"Credo che viaggiare insieme sia il modo migliore per conoscere una persona: sei lontano dal tuo ambiente quotidiano, dalle sicurezze e dalle comodità che scandiscono le tue giornate. Se poi il viaggio è in bicicletta, entri nel terriotiro della fatica, che trasforma le persone e da ciascuno tira fuori ciò che è nel profondo. Il sudore scioglie gli strati superficiali, quelli con cui ci camuffiamo al lavoro e, a volte, anche in mezzo agli amici. Più sei stanco, meno schermi hai. Sei tu, nel bene e nel male..."  (pag. 22).

Tra l'altro, Nico Valsesia nomina una strategia che anche io utilizzo sempre, quando mi sento in difficoltà o affaticata, con le scadenze o gli impegni lavorativi, con la scrittura, in montagna e nello sport. 
Non che sia una genialata ma sapere che la usa anche un atleta così, mi fa piacere!
"La parola magica è: "scomporre". Tutti gli obeitti ambizioni all'inizio possono sembrare irraggiungibili, ma dopo esserti convinto a partire, dipende da te. Per non farti schiacciare dal peso di un traguardo apparentemente lontanissimo devi creartene altri intermedi e più abbordabili, tappe mentali che gratifichino i tuoi sforzi e, al tempo stesso, ti facciano sentire la meta alla tua portata. Più vicino di ieri e più lontano di domani, fino al giorno a cui sei arrivato...." (Pag. 108)

"Troppe volte ci sentiamo schiacciati dalla quotidianità, eppure continuiamo nella stessa vita, senza avere il coraggio di fermarci. Per poi magari farci travolgere e mollare tutto, quando ormai la misura è colma. Meglio rallentare, prendersi un break e poi ripartire. Anche in una direzione diversa da quella che si stava seguendo." (pag. 109).

Se vi ho incuriositi, sappiate che Nico Valsesia ha anche un blog, all'interno del suo sito (oltre che un negozio di biciclette).

 

venerdì 29 aprile 2016

"Che tuffo, la vita!" di Tania Cagnotto

"Che tuffo, la vita!" di Tania Cagnotto con Stefano Bizzotto, prefazione di Giorgio Cagnotto, ed. Limina, euro 16,00, pag. 178
Ho sempre amato leggere le storie degli sportivi, dagli alpinisti, famosi e meno famosi, ai corridori, ai tennisti, ai nuotatori.
Trovo che gli sportivi agonisti o tutti coloro che fanno dello sport un mestiere e una ragione di vita, abbiamo molto da insegnare a noi "comuni mortali". Come i musicisti, del resto.
Perché gli sportivi conoscono il valore della fatica, dei sacrifici, delle rinuncie.
Sono maestri di determinazione, costanza e ambizione.
Si impegnano sempre al massimo per costruire ogni successo, perché dietro ogni medaglia o ogni vetta conquistata ci sono anni di lavoro duro.
E c'è passione, tanta passione.
Se poi si tratta di atleti che non ricorrono al doping e non sono disposti a giocare scorretto mai, pur di vincere, allora per me sono dei modelli e divento curiosa di "conoscerli" un pochettino.
Se sono sport che amo anche io, tanto meglio.
Per questo, saputo dell'esistenza di questa autobiografia, non ho resistito e l'ho comperata, senza rimanerne delusa.
Ho letto la storia di una giovane atleta italiana che tante volte ho guardato in TV, all'Olimpiade, ai Mondiali ed agli Europei, una storia di determinazione e amore per i tuffi, una storia di lavoro familiare, con padre e madre allenatori che, però, a leggere le parole di Tania, non le hanno mai imposto nulla o fatto pesare nulla.
Ho letto di un ambiente "pulito", con qualche invidia, molta sana competizione e tanta amicizia, un ambiente naturalmente internazionale in cui il linguaggio universale e' quello dello sport e degli allenamenti.
E' incredibile come i grandi campioni sappiano essere sicuri di se' e delle proprie capacità ma non arroganti, sappiano mantenere la calma e giocarsi il tutto e per tutto in pochi secondi e, nel contempo, essere umili e "normali" nella vita privata.
Come sappiano affrontare le sconfitte e scrollarsi di dosso le delusioni per ripartire con serenità e carica.
Leggendo questo libro ho avuto l'ennesima conferma che nessun successo e' frutto del caso, che devi avere un pizzico di fortuna e la giusta predisposizione innata fisica e mentale: il resto, però, e' sudore e fatica.
E ogni tanto, ricordarselo fa bene!
Dopo il libro di Federica Pellegrini e questo di Tania Cagnotto, so già che alle Olimpiadi di Rio le guarderò gareggiare con ancora più ammirazione e speranza.
"Adesso dico una cosa che magari non farà piacere agli amici nuotatori. Ritengo i tuffi uno sport più divertente e meno monotono del nuoto. Questo andare avanti e indietro in una vasca, tutti i giorni, non è il massimo della vita. Ammiro chi ha fatto questa scelta, ma io credo che non resisterei a lungo....
Mi rendo conto che dicendo che i tuffi non sono monotoni qualcuno potrebbe obiettare: cosa c'è di più monotono di un doppio salto mortale e mezzo eseguito dieci, cento, mille volte?Effettivamente dopo una quindicina d'anni di agonismo quello che facci assomiglia molto ad un film visto e rivisto. In fondo faccio sempre le stesse cose, non solo in piscina ma anche nella fase di preparazione a secco. Però, pensate ad un bambino: cosa c'è di più divertente di un tuffo in acqua, anche un semplice capofitto? Date un'occhiata a una piscina qualsiasi, mi riferisco a quelle aperte al pubblico. Ci sono, immancabili, i cartelli che segnalano il divieto di tuffarsi dai bordi, eppure troverete sempre qualcuno che approfitta di un attimo di distrazione del bagnino per aggirare questo divieto. Penso che sia più citante un tuffo fatto di nascosto rispetto ad un giro di pista nell'atletica o a dieci vasche di nuoto...."
"..e' vero che io, dopo anni e anni di agonismo, eseguo lo stesso programma tutti i santi giorni, però ogni tuffo e' diverso dall'altro. C'è sempre una sbavatura, un particolare, un'imperfezione sulla quale devi lavorare. .." (Pag. 20)

venerdì 6 novembre 2015

"Born to Run"

"Born To Run" di Christopher McDougall, ed. Mondadori, serie Strade Blu, pag. 384


Ho letto questo libro grazie alla segnalazione di Drusilla (se non sbaglio) e mi è piaciuto moltissimo.

Non è un manuale sulle tecniche di corsa, anche se contiene dei suggerimenti utilissimi.

Non è un romanzo, perché anche se c'è un preciso filo logico, ci sono molte storie nella storia.
È una biografia, un romanzo, un libro motivazionale, un insieme di racconti ed un trattato di biologia e antropologia, tutto insieme.

È la storia di un personaggio quasi mitologico, Caballo Blanco, di allenatori "illuminati", di una popolazione messicana che vive isolata nei canyons correndo, i Tarahumara, di "pazzi" ultramaratoneti, di grandi uomini e grandi donne, di scoperte scientifiche e filosofiche, di evoluzione della specie umana e di arte della corsa, di gare e lotta per la sopravvivenza in ambienti bellissimi ma anche ostili, di consigli sull'alimentazione e di movimento come scuola di vita.

Il tutto scritto da un giornalista corrispondente di guerra per l'Associated Press e collaboratore di "Men's Health" , spinto ad un viaggio in Messico da infortuni legati alla corsa amatoriale, che passerà da correre tre volte alla settimana pochi km a finire una gara di 80 km in territorio estremo.
Scoprendo il segreto dei grandi corridori e, soprattutto, il segreto di una vita più felice e pacifica.

E niente: dovete leggerlo.

"Un anno dopo gli attacchi dell'11 Settembre la corsa di fondo è diventata improvvisamente lo sport all'aperto in più rapida espansione nel paese. Forse si tratta solo di coincidenze. O forse c'è un grilletto nella psiche umana, una risposta codificata che attiva la nostra prima è più grande abilità di sopravvivenza quando sentiamo che i predatori ci sono alla calcagna. La corsa (prima di avere l'età per cominciare a fare sesso) e' la principale fonte di piacere per i sensi e di sollievo contro lo stress. L'equipaggio mento necessario e il desiderio ci vengono forniti di serie: tutto quello che dobbiamo fare e' lasciarci andare e goderci il viaggio." Pag. 19


"..Come si accende l'interruttore interno che ci ritrasforma nei Corridori Nati che eravamo in passato? Quando dico "in passato" intendo non la storia della nostra specie, ma anche quella della nostra vita individuale. Ricordate quando eravate piccoli e vi urlavano di smetterla di correre, di andare piano? Facevate ogni gioco alla massima velocità, correvate come pazzi calciando le lattine vuote, giocando a nascondino o attaccando gli avamposti nella giungla del cortile del vicino. Metà del divertimento era dovuta al fatto che facevate ogni cosa a un ritmo di record, e con ogni probabilità quello è stato l'ultimo periodo della vostra vita in cui siete stati rimproverati per essere troppo veloci.
Era questi il vero segreto dei Tarahumara: non avevano mai scordato cosa vuol dire amare la corsa. Ricordavano che la corsa e' stata la prima delle belle arti dell'umanità, il nostro atto originario di creazione ispirata. ..." Pag. 127

venerdì 9 ottobre 2015

Tre letture di fine estate, molto diverse tra loro

Questa estate e' stata all'insegna della lettura. Ho letto veramente molto, anche per i miei standard, un po' per insonnia, un po' grazie ai giorni di vacanza e a qualche pomeriggio al lago.
Di molti libri letti ho già parlato, venerdì del libro dopo venerdì.
Ne ho lasciati indietro tre, che mi sono piaciuti e ho letto volentieri ma senza entusiasmarmi come gli per altri, per ragioni diverse.
"Io nuoto per amore" di Federica Pellegrini, pag, 99, ed. Mondadori, 2009, Euro 16,00
Ho già detto spesso quanto ami nuotare. Seguo anche le gare di nuoto, tuffi compresi, quando i media ed il tempo lo consentono. Quindi non potevo esimermi dal leggere questo libro, di una delle mie eroine, da un punto di vista sportivo. Ero molto curiosa, perché la Pellegrini e' diventata anche un personaggio pubblico, a volte molto chiacchierata per le sue scelte sentimentali, tanto criticata per i fallimenti, quando osannata per i successi.
Non è certo facile essere un agonista a tempo pieno, in qualsiasi sport. Richiede abnegazione e sacrificio, come far il musicista. Richiede volontà e determinazione.
E nel libro, si capisce che la Federica nazionale ne ha molta. Si racconta con sincerità ed immediatezza, in quello che è una specie di diario, purtroppo con molti buchi temporali, di raccolte di riflessioni.
Leggendolo, ho visto la ragazzina tormentata dal suo stesso successo ma anche la campionessa, il personaggio pubblico e i problemi di una ragazza "normale".
Lati di una personalità complessa come quella di ogni essere umano, che a volte vengono dimenticati dai media quando si tratta di giudicare o fare gossip.
Insomma, non un capolavoro e neppure una vera autobiografia, nessuna particolare rivelazione, ma un diario sincero che aiuta a comprendere un po' di più l'identità di una nuotatrice d'eccezione.
"Tutto, in me, e' una gara senza fine.
Una lotta di opposti, un continuo passaggio dal giorno alla notte, un alternarsi della luce più abbagliante con le ombre più cupe.
Questo è il mio carattere.
Questa sono io."

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"Operazione Cremlino" di Chris Ryan, pag. 353, ed. Longanesi &C.
Protagonisti di questo romanzo di spionaggio sono Rick, un SAS, e Sasa, soldato russo.
Inghilterra e Russia vogliono migliorare i propri rapporti dopo la guerra fredda e, su richiesta degli Stati Uniti, un gruppo di SAS, guidati da Rick, viene inviato in Russia per addestrare alcuni militari russi.
Lo scopo dovrebbe essere condividere trucchi e sistemi per collaborare e per aiutare i russi a sconfiggere la mafia, che rende instabile e pericoloso il paese e, per questo motivo, non piace neppure a USA e Inghilterra.
Ben presto, però, i SAS scopriranno che sotto c'è molto di più e dovranno adeguarsi, seppur di malavoglia, a fare il doppio gioco. Solo alla fine, dopo varie "missioni" con i russi, scopriranno di non essere stato gli unici!
Un romanzo dalla storia abbastanza appassionante ma scritto senza quella capacità di far immedesimare i lettori, senza quel ritmo della narrazione, che invece si trova nei libri di Andy Mac Nab, ad esempio questo o questo, anche lui SAS, come l'autore di questo romanzo, anche lui coinvolto nella operazione Bravo Two Zero.
Sicuramente consigliato agli amanti del genere ma senza aspettarsi che sia a livello di quelli di McNab!!
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"Le domande di Brian" di David Nicholls, pag. 393, ed. Beat
Ho comprato questo romanzo alla fiera del libro di Torino, dopo essere rimasta piacevolmente colpita da un altro libro dello stesso autore, "Noi".
Questo scritto non mi è piaciuto altrettanto, la storia mi è sembrata meno briosa, forse meno consona alla mia vita attuale.
È ben scritto, consente di immaginare bene il clima sociale e l'atmosfera dei luoghi evocati dall'autore, l'Universita di Bristol negli anni '80, la campagna, i programmi televisivi a quiz, le differenze culturali ed economiche tra gli studenti ecc., però il protagonista, Brian, non mi è mai risultato simpatico e non ho vissuto nessun tipo di immedesimazione.
Piuttosto, ho provato pena per lui, mi sono irritata per la sua sbadataggine e incapacità di guardare oltre l'apparenza, anche in ambito amoroso.
Mi sono piaciuti di più i personaggi collaterali, gli amici Spenser e Tone e la ragazza ebrea intelligente che sa vedere in Brian la persona che è, anziché quella che si sforza, senza successo, di diventare.
Un romanzo sui tormenti della giovinezza, sul desiderio di riscatto sociale attraverso lo studio e l'istruzione, sulle difficoltà relazionali, che forse ho solo letto nel momento sbagliato.



In conclusione: non sconsigliato del tutto ma neppure consigliato.