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giovedì 7 aprile 2016

La mia intervista su "Coniugata. Due figli"

Ho avuto il piacere di essere intervistata virtualmente da Annabarbara, padrona di casa del blog "Coniugata. Due figli", per la serie "Storie di mamme", sul tema della mia condizione di mamma e contemporaneamente lavoratrice.
Perché il nome del blog di Annamaria non è stato scelto a caso: lei vuole condividere proprio la sua "essenza di mamma e lavoratrice" e le sue esperienze di mamma e moglie, per facilitare la vita a tutte le donne con link a blog ed articoli interessanti, riflessioni e consigli.
"Oggi intervistiamo la mamma-blogger di Mamma Avvocato, blog che apprezzo molto.

Nome: Mamma Avvocato, all'anagrafe Giulia

Numero e età dei figli: Il ricciolino biondo, quattro anni e quattro mesi

Professione: Avvocato libero professionista


1.Spesso si dice che una mamma che lavora è più realizzata, più completa, più indipendente, più libera. Insomma più felice. Ma è davvero così?

Per quel che mi riguarda, al momento è così.

Il mio lavoro mi piace. Mi costa molta fatica, stress e sensi di colpa che, pur non essendo ripagati a livello remunerativo, sono però bilanciati dalla soddisfazione intellettuale che mi regala.

....
..il seguito, lo trovi qui, insieme ad una mia foto in un momento di gioia pura.

lunedì 11 gennaio 2016

Eleganza, formalismo e incongruenze modaiole

Un giorno una conoscente, il cui nipote esercita la professione di avvocato a Milano, mi aveva riferito che, andando in udienza in un Tribunale della provincia di Torino e in quello della Regione in cui vivo, aveva notato la "mancanza di eleganza" dei legali e dei giudici o, almeno, un "livello di eleganza" inferiore a quello a cui era abituato.
E so che anche altri colleghi e colleghe "di fuori" hanno esternato lo stesso pensiero.
Parallelamente, io stesso e molti miei colleghi, avevamo notato, nei Tribunali delle grandi città, delle "mise" per noi audaci e dei completi alquanto stravaganti, del tipo da rivista di moda, più che da negozio reale.
Ci riflettevo giusto questa mattina, mentre mi muovevo tra i vari uffici giudiziari in mezzo ad una forte nevicata e la neppure rigida temperatura di 0 gradi.
Perché quando nevica o fa freddo, in quel luogo i colleghi, semplicemente, si adeguano, indossando giacche a vento o piumini e stivali o scarpe tecniche, insieme al tailleur o al completo gessato o preferendo pantaloni un po' più sportivi o gonne con collant 50 denari.
D'altro canto, c'è chi scende da vallate innevate per tre mesi all'anno e magari ha dovuto spalare la neve del vialetto prima di partire oppure sa che potrebbe capitare di montare le catene o aiutare qualcuno a farlo, o ancora, semplicemente, e' disposta a barattare l'eleganza, ma meglio sarebbe dire (secondo me) il formalismo, con gambe integre, anziché rischiare una rovinosa scivolata sul ghiaccio.
Perché i gessi, indubbiamente, tanto eleganti non sono.
Anni fa, in Norvegia e Svezia, a dicembre, avevo notato in vetrina tantissimi stivali e scarpe, da uomo e da donna, in cuoio, da abbinare a completi e gonne ma foderati e con delle sorte di mini rampocini (cioè delle punte di ferro) sul tallone. Le usavano in tanti.
Nel teatro di Oslo, dove eravamo andati di pomeriggio a vedere lo Schiaccianoci, c'erano degli spogliatoi con armadietti chiusi a chiave, nel guardaroba, dove il pubblico, prima di entrare a teatro, poteva svestire se' ed i bambini e cambiare le scarpe.
Ho visto madri arrivare con dopo sci e zaini sportivi e uscire dal guardaroba con tacchi alti e borsetta, figlie con tute da sci trasformate in piccole principesse con le ballerine ai piedi. Lo stesso per gli uomini.
Forse il concetto di eleganza viene troppo spesso confuso con quello di formalismo?
Quale è la persona vestita in modo inappropriato, in occasioni simili?
E comunque, spiegatemi come mai se ad indossare maglioncino e pantaloni di velluto e' una persona molto influente o benestante (o anche solo il magistrato), viene guardato con benevolenza o ammirazione, perché capace di stravolgere i formalismi, mentre se è una persona normale, viene considerato "poco elegante"?
Forse in Italia si dà troppa importanza all'apparenza, anziché alla sostanza, per quanto creda anche io che certi abbinamenti non si possano vedere e che come noi, pochi altri sanno vestirsi con altrettanto gusto!
Solo che il gusto e' soggettivo e noi spesso ce ne dimentichiamo e giudichiamo con troppa facilità.
Talmente soggettivo che io, ieri, in un rapido giro di tre negozi di abiti femminili, non ho trovato nulla che mi piacesse e spesso mi chiedo con che coraggio certi colleghi indossino completo rigati che sembrano pigiami del nonno, abitini leopardato con decolte' abbinate e costumi hawaiani.
Salvo poi, nel contempo, ammirarli per la sicurezza di se' che dimostrano e la padronanza con cui li indossano.
Come le donne con tacco 12 sui cubetti di porfido o quella collega che questa mattina, controcorrente, viaggiava con un cappottino nero al ginocchio, sotto la minigonna nera e una maglia scollata, gambe nude e stivali neri, con il tacco alto, i capelli sciolti alla neve.
Ecco, non so cosa non darei per poter uscire così in un giorno come questo e non per piacere o piacermi e sentirmi bene (che poi, alla fine, e' l'unica cosa che conta) ma perché per farlo senza prendersi una bronchite, una tonsillite o almeno un raffreddore, bisogna avere un fisico bestiale!
Voglio dire, io mi vesto in modo invernale (ma senza troppi strati per non sudare) e sto male da un mese!!!
Comunque, donne, chi di voi li usa, illuminatemi: che senso hanno i vestitini invernali in lana, senza maniche, magari con il collo a dolcevita?
O quelli in cotone, sempre senza maniche, magari scollati, ma inequivocabilmente invernali?
Sarò ignorante, ma io non ho capito, come si usano? Con una giacca o maglia aperta sopra, anche dentro gli uffici, dove magari ci sono 20 gradi, tanto per crepare di caldo, peggio che ad agosto?
Oppure senza nulla sopra durante il lavoro, a gelarsi le spalle?Non avete freddo?!?
Soprattutto, però, cosa ci mettete sotto? Perché io, con la lana a pelle, a meno che non siano giusto gli avambracci, passo le ore a grattarmi come una ossessa, manco avessi i pidocchi su tutto il corpo!!!
(Ditemelo, che magari trovo la scusa per comprarmi il vestitino, ovviamente senza maniche e di lana, che ho adocchiato ieri e spiegarlo a mio marito!)
Misteri della moda (e di certi ambienti di lavoro).

mercoledì 1 aprile 2015

Ultimamente, succede a marzo.


"Ultimamente", come dice Verdeacqua, "succede a Marzo", come dice Mamma Piky.

A marzo, io ed il biondino ci siamo tagliati i cappelli. Quando inizio a intravedere l'arrivo della primavera, non resisto e ci do un taglio netto.
Per il piccolo di casa si è trattato solo di una spuntatina, la seconda della sua vita (la prima è stata il 31.05.2014 - si', non ho potuto fare a meno di segnarlo sul calendario): io comunque ero commossa, soprattutto alla scoperta che è proprio ricciolino.

Ultimamente per stare dietro a nostro figlio in bicicletta, io e l'Alpmarito abbiamo irato fuori dal garage i pattini in linea.
Sappiamo ancora stare in piedi, a quanto pare, ed è ancora divertente.
Solo che io non mi ricordo piu' come si fa a frenare e chiedo aiuto a ogni rete, muro o muretto della zona.
Pero' fa sentire tanto giovani, eh?
Sempre per rimanere in tema, a marzo abbiamo provato a togliere le rotelle dalla bici nuova del nano e lui è andato, senza cadere.
Solo che quella senza pedali continua ad essere la sua preferita, forse perchè per pedalare le sue gambette fanno ancora troppa fatica. Comunque, son soddisfazioni.

A marzo ho affrontato due cause impegnative al lavoro e indossato la toga.


E' stato un successo (non la toga, che è bellissima ma giusto quelle due o tre taglie piu' della mia, pero' resta una emozione) e anche queste son soddisfazioni.

Ultimamente c'è tanto, troppo vento, e sono iniziate le fioriture primaverili.
Ma proprio solo ultimamente, tipo questa settimana, prima era sempre pioggia.
I colori delle piante e del cielo fanno venire il buone umore solo a guardarli.






E io ho tanta voglia di riprendere in mano la Reflex, perchè il tablet è tanto comodo e utile ma le foto della Reflex...ah, le foto della Reflex!

Agli inizi di marzo ho migliorato decisamente i miei tempi nella corsa (n.b. i miei tempi, in giro c'è di meglio), riempiendomi di orgoglio.


Poi l'allergia ed il vento mi hanno riportato indetro di mesi e ora faccio schifo.
Vabbè.

Ultimamente abbiamo fatto l'ultima sciata di stagione, con gli sci da fondo. Quelli da discesa li abbiamo usati una volta in tutto l'anno. Quelli da scialpinismo ancora aspettano, perchè con questo vento io sicuro che non esco.
Salutare la neve mi dispiace sempre un po'. Un bel po'.
E questa volta il nano condivideva i miei sentimenti.
A marzo ho tamponato la mia bella auto rossa, anzi granata, e ho dovuto comprarne una nuiova.
Bellissima e modernissima. Si guida che è un piacere, pero' proprio ne avrei fatto a meno.
Soprattutto perchè si è guastato anche il motore dell'altra e ieri, ciliegina sulla torta, mi si sono pure rotti gli occhiali.
Che dite, prenoto un viaggio a Luordes?
O provo a giocare all'enalotto?

Ultimamente è sempre e comunque cantiere della "casa nuova".
L'Apmarito si fa in quattro, come le discussioni e lo stress, pero' la fine è ancora lontana.

A marzo sono state discussioni tra le mamme dei bimbi del paese ed il direttore sanitario, causa pediatra. E io c'ero, per solidarietà e aiuto.
E siamo riuscite ad ottenere un risultato, anche se adesso chissà come andrà.

Ultimamente c'è stato il cambio dell'ora, l'odioso cambio dell'ora.
Io, il nano e l'Alpmarito siamo in piena sindrome: la sera non ho sonno, non ho ancora fame ma la mattina dormire tanto tanto di piu'.
Soprattutto il nano, che già, pur dormendo tutta la notte, ha sempre avuto qualche problema ad andare a letto presto (e con presto intendo le 10-10,30).
Non ho mai capito come facciamo quelle mamme che riescono a far addormentare i figli alle nove.
Se lo metto nel letto alle nove, lui gioca o legge o chiacchera comunque fino alle 10.00- 10,30 (ora 11.00 - 11.30) e non c'è santo, minaccia o castigo che tenga.

A marzo il piccolo di casa si è fatto un nuovo amichetto e quando non piove, dopo la scuola, vuole stare al parco con lui.
Cerco di accontentarlo il piu' possibile, anche se insieme sono dei terremoti e da quando va alla materna, giochi fisici e parolacce stanno diventando una triste costante.

Ultimamente mangiamo troppo, anche grazie a chi ci vuole bene.
E il nano non ha ancora aperto le uova di Pasqua!

A marzo c'è stata ancora palestra di arrampicata



E ruotine settimanali in casa...

E haloterapia, aspettando l'estate..


Ultimamente abbiamo prenotato le vacanze estive, la prima volta in assoluto con cosi' largo anticipo.
E forse questa volta ce la facciamo ad andare al mare tutti e tre insieme, per piu' di due giorni e non a ferragosto.

A marzo una coppia di amici è venuta a cena e ci ha portato la partecipazione di nozze, alla quale mancano circa 15 giorni.
Vedere i loro occhi innamorati, sentire l'attenzione con cui si parlavano, assistere alla loro felicità, è un balsamo per l'anima.
E quindi ora devo cercarmi un vestito adatto. Di nuovo.

Ultimamente abbiamo pranzato con una mia cara amica e la sua famiglia.
E guardare il mio biondino e la sua bimba giocare insieme, accrogersi di quanto sono cresciuti e di come sono belli, è stato emozionante e meraviglioso.



Con loro, il nostro primo gelato in gelateria di stagione.

A marzo ho sperato tanto, pero' anche questa volta non è andata.
E io inizio a pensare seriamente che sia perchè in qualche modo me lo merito, che sia colpa mia.





giovedì 11 dicembre 2014

La professione da quando sono mamma: intervista su Mamma Al Cubo!

Mamma al cubo ha lanciato una bella iniziativa: Mamma, al lavoro!
Per parlare di noi mamme e lavoratrici (fuori e dentro le mura domestiche), di come è cambiato il nostro lavoro da quando siamo mamme, delle nostre necessità, lamentele, difficoltà e...dei nostri trucchi per sopravvivere!!!

Leggete l'intervista che mi ha fatto Mamma al cubo!






venerdì 23 maggio 2014

Studio illegale

Gli avvocati non sono tutti uguali.

Ci sono quelli di provincia, più o meno specializzati in alcuni settori e/o materia e quelli che più o meno "si occupano di tutto".
Ci sono quelli che lavorano nei grandi studi legali delle grandi città, tutto vetro e cemento, organizzati sotto forma di associazioni professionali, alla americana, con soci anziani e meno anziani, avvocati alle prime armi e praticanti, esperti super specializzati e legali che hanno il solo, ma importantissimo compito, di attrarre clienti.
Ci sono gli avvocato delle grandi città, che frequentano grandi tribunali, sempre elegantissimi, ma solo per le udienze "importanti" o in cui presenzia il cliente.
Per loro, le "commissioni" in Cancelleria e le udienze di routine sono "roba" da avvocati dipendenti o da praticanti.

Ci sono quelli che in udienza non ci vanno mai, perché redigono contratti, preparano transazioni e grosse operazioni societarie, seduti ad un tavolo da riunione tutto mogano e vetro, dopo che qualche giovane collaboratore, nell'ombra, ha sudato ore e ore seduto ad una scomoda scrivania in un cubicolo per preparare il testo.

Ci sono quelli delle piccole cittadine, a volte senza segretaria o collaboratori che seguono la pratica dall'inizio alla fine da soli, fotocopie, depositi e udienze comprese.

Ci sono quelli che fatturano "a ore" e ti ci mettono pure il rimborso spese dei pasti e dei chilometri e quelli che vanno avanti a "forfait".

Quelli del patrocinio a spese dello Stato e quelli "io solo le cause che sono sicuro di vincere e i clienti solvibili".

Ci sono avvocati veri, che praticano la professione sul campo, e quelli finti, che si fregiano del titolo ma poi fanno politica e dei problemi della giustizia e degli "operatori della giustizia" non ne sanno nulla, che a far riforme (assai discutibili) a tavolino sono capaci tutti.

Ci sono quelli che sono liberi professionisti davvero, in studi indipendenti, e quelli che non possono o non vogliono esserlo e, seppur con partita IVA, sono di fatto dipendenti, con i pregi e difetti che questa situazione comporta.

Ci sono le donne, ormai la maggioranza dei giovani professionisti eppure sempre discriminate, dai clienti più che dai colleghi e dai giudici, che guadagnano meno pur lavorando di più.
Donne che spesso e volentieri si sentono apostrofare come "Dottoressa" (quando va bene) o "Signora", perché l'avvocato e' per definizione un uomo (o anche solo perché persiste l'amletico dubbio: si dice comunque "avvocato" o "avvocatessa"? La risposta giusta e' "avvocato" e non ci offendiamo, tranquilli).

Ci sono i più competenti ed i più abili a vendere fumo più che sostanza.
Ci sono gli onesti e deontologicamente corretti e i meno, perché anche gli avvocati sono eseri umani.
Magari non sembra, a volte, ma è così.

Quel che è certo e' che esistono due categorie di avvocati: quelli che "fanno gli avvocati" e quelli che "sono avvocati".
Questi ultimi sono la maggioranza e, anche se non lo ammetteranno mai, pure i primi finiscono, con il tempo, per acquisire una forma mentis che ti porta a ragionare SEMPRE da avvocato, ad approcciarti a tutto e tutti pensando ad ipotetiche ed eventuali contenziosi, a norme giuridiche applicabili, a prove e soluzioni processuali.

Il libro di Duchesne, che racconta una parte del percorso professionale di Andrea Campi, detto Endriu, giovane e super qualificato avvocato di un rinomato studio "internazionale", specializzato in operazioni societarie e contratti, "libero professionista" che DEVE essere in studio entro le nove, ha solo un'ora di pausa pranzo e NON può uscire prima delle otto, meglio le dieci di sera e che dipende dai capricci del capo, "però vuoi mettere che figata, sono un'avvocato d'affari!", questo lo esprime benissimo.

Se siete curiosi di conoscere un pezzettino di questo mondo, descritto con sguardo disincantato, in modo ironico e scorrevole, ma anche con amore per una professione che traspare comunque tra le righe e nel finale amaro, leggetelo. Non vi annoierete.

E capirete perché io scelto di NON fare l'avvocato d'affari, ma l'avvocato di provincia, "libero professionista" (che poi null'altro vuol dire che "schiavo del cliente di turno", soprattutto se a fine mese ci devi arrivare, però "schiavo" sempre e solo  fino ad un certo punto).

Ricordate, però, che quello descritto nel libro è solo una piccola parte di un mondo molto variegato.

Studio Illegale, Duchesne, alias Federico Baccomo, pag. 318, Marsilio Editore, 17 Euro
Lo scrittore e' anche autore del seguitissimo (in ambito legale) blog: http://studioillegale.wordpress.com/2009/03/18/were-a-funny-combination-me-and-i/#more-145, ormai non più aggiornato ma che è sempre un piacere leggere, magari tutto di seguito, come un romanzo.

Con questo post partecipo al Venerdì del Libro di Home Made Mamma, come tutti i venerdì!

giovedì 10 aprile 2014

Scrivo

In questi giorni scrivo, scrivo, scrivo, pagine su pagine.
Peccato che sia solo per lavoro.
Ho sempre desiderato fare la scrittrice, è vero, però non era propriamente questo che intendevo!!!

domenica 5 gennaio 2014

Tutta colpa della luna

Sono stata lontana dal blog e dalla rete per tutto dicembre, salvo qualche sporadica capatina per immagini.
E' giunto il momento che vi spieghi il perché.
Nonostante i miei propositi di ottimismo, il 2014, sino ad oggi, non è iniziato sotto i migliori auspici, così come queste feste di Natale e Capodanno, che non credo proprio ricorderò con molto piacere.
Diciamocelo: le feste prolungate, con la chiusura di nido/ asili / scuole, per le madri che lavorano, soprattutto se non possono prendersi ferie per il tutto o gran parte del periodo, sono una catastrofe.
Alle incombenze, anche piacevoli, dei preparativi di cene, pranzi, regali, auguri, si aggiungono le solite mansioni domestiche, la necessità di intrattenere il pargolo, spesso in casa, data la stagione poco propizia, e incastri impossibili tra lavoro e nonni. Che se non ci fossero loro sarei spacciata.
In pratica di ferie ne ho fatte ben poche e con l'angoscia delle scadenze che si accumulano e di ciò che mi aspetta.
Se avete visto il film di Natale delle Mamme Imperfette e avete presente la canzone nel supermercato, ecco, io la penso così. Peccato che poi quelle mamme di tempo per trovarsi, chiacchierare e fare tutto sembrino averne tantissimo e i loro mariti si dimostrino almeno una volta, perfetti. Non so da voi, ma qui non abbiamo di queste fortune.
Riassumendo: l'Alpmarito ha lavorato 6 giorni su 7, festività di Vigilia, Natale, Santo Stefano, Ultimo e Primo dell'anno compreso. Il lavoro stagionale non ne tiene conto e durerà poco, perciò ci siamo adattati e meno male che lo ha trovato, così tiriamo il fiato per un paio di mesi.
In compenso però, la sua saltuaria presenza non ha giovato al clima di festa.Mi è mancato tantissimo.
Comunque: siamo sopravvissuti (con un paio di chili in più, però) a cinque cenoni/ pranzo i consecutivi, un non stop tra tavola e parenti dalla sera della Vigilia alla sera di Santo Stefano. Dura, durissima. In un caso mi ha salvato una bottiglia di vin Sauternes che mi sono bevuta quasi da sola, rivendicandola con le unghie, grazie alla quale ho vissuto momenti di leggerezza anche parlando con la suocera.
J'adore le Vin Sauternes!



E' stato triste festeggiare separatamente, per la prima volta, con mio padre e mia madre, però le tavolate sono state sempre allegre, piene di parenti, di amore, di affetto e di voglia di stare insieme, oltre ad un discreto casino. Ormai i bambini sono tantissimi e abbiamo toccato punte di 40 persone nella stessa stanza (tutti parenti stretti!).
E poi le decorazioni ed i colori del Natale, una gioia per gli occhi ed il cuore.




Attraverso il nano e le mie nipotine ho ri- vissuto la magia dell'attesa, lo stupore di fronte ai doni, la malia dei canti di Natale, l'entusiasmo e l'eccitazione nello spacchettare i regali, la voglia di giocare, giocare e giocare ancora con i doni nuovi portato da Babbo Natale, le mani e il faccino impastati a ogni ora del giorno di zucchero a velo, panettone, pandoro e biscottini divorati voracemente e con mugoli di soddisfazione, le luci colorate riflesse sui loro visi....momenti di incanto, che ho immortalato poco per godermeli dal vivo con tutto il cuore.


Ho " sentito" il tempo passato, il passaggio di testimone da me al nano, io non più bambina, almeno fuori (anche se dentro sotto le feste e non solo cerco di rimanerlo il più possibile), ma mamma, a giocare un ruolo diverso mentre il nano si gode l'attesa e i doni..forse perché è il primo Natale di partecipazione attiva e consapevole del nano.

E poi lavoro e lavoro, a Capodanno una pizza e a nanna, perché il giorno dopo la sveglia dell'Alpmarito suonava alle 6.30 come tutte le mattine e le amicizie sono cambiate.
Alcune perse per strada, altre con esigenze simili alle nostre ma non si è combinato. E va bene lo stesso, la fine dell'anno mi ha sempre intristito, intrisa come e' di facile e non sempre sincera allegria e speranza e di difficili bilanci, che da anni non ho più voglia di fare
Quest'anno, però, ho telefonato o messaggi alto solo alle persone veramente care, quelli che non si sono dimenticati di noi mai, anche se a volte si fa fatica a trovare il tempo per sentirsi.
Al diavolo le convenzioni che succhiano il tempo già risicato.
E poi l'Alpmarito si è scottato il braccio e l'addome con la pentola di acqua bollente della pasta, ustione di secondo grado e una intera serata al pronto soccorso, inutile perché dopo diverse ore in cui nessuno si era degnato di visitarlo e medicarlo, ce ne siamo tornati a casa e ci siamo arrangiati con preziosi amici medici e un ex medico di famiglia per fortuna disponibilissimo. Alla faccia di tutte le tasse che paghiamo.
Fortuna che l'Alpmarito e' stato bravo ad evitare che ad ustionarsi fosse il nano ed entrambi avevamo fatto i corso di primo soccorso, così avevamo una vaga idea di cosa fare nell'immediato.
E poi alla nonnina e' tornata la febbre alta, il nano ha battuto seriamente il nasino mentre era dai suoceri, io sono caduta dalle scale, rimediando, fortuna nella sfiga, solo qualche livido. E anche alle persone intorno a noi non è andata molto meglio.
Mio zio, dall'alto dei suoi ottantacinque anni e della sua saggezza contadina, però, ha sentenziato:
"Niente paura, il 2014 non c'entra nulla,in realtà non è ancora iniziato perché c'è ancora la luna vecchia. Fino a che non cambia la luna, siamo ancora nel 2013, con il suo carico di sfighe."
Luna vecchia, per favore, vattene che è meglio.

domenica 17 novembre 2013

Quella cavolata della decrescita felice

Credo che quello della "decrescita felice" non sia un mito ma la cavolata del secolo.
Mi scusino tutti quelli che aderiscono al movimento che ne prende il nome (che non conosco così bene da poter dare giudizi), mi scusino in anticipo tutti quelli danno al termine un significato diverso da quello che gli attribuisco io.

Perché lo devo dire.
E' da quando ho letto il saggio della Lipperini (Mammavvocato: Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini) che ci rifletto.
E' da quando mi sono imbattuta nel blog genitoricrescono che ci penso.
Ma anche da molto prima, dalla prima volta che ho visto il termine nero su bianco.

Non c'è felicità nella privazione di qualcosa a cui pensi di tenere.
Neppure se in realtà si rivela superflua e ininfluente, neppure se per gli altri e' inutile, neppure se in altri luoghi e in altri tempi sarebbe stata considerata un lusso impensabile.

Può esserci una ritrovata sensazione di leggerezza e una nuova consapevolezza, questo si', nella rinuncia.
Anche se sofferta, può aiutarci a capire cosa e chi e' davvero importante per noi.
E credo nella necessità di cambiare il mondo in cui viviamo, a partire da noi, con piccoli gesti, per consumare meno e, soprattutto, consumare meglio.
In questo, anni di lavoro in rifugio mi hanno aiutato: so perfettamente che non ho bisogno di molti oggetti per essere felice, purché abbia pasta in abbondanza e la compagnia giusta (= famigliari, nano, qualche amico sincero), non mi serve neppure una salute perfetta (= posso convivere con l'allergia e le ginocchia scricchiolanti).

Però, però.
Un conto e' avere un lavoro che piace ma che stressa, uno stipendio che consente vacanze sugli sci, una casa grande, cene fuori e piccoli lussi fashion, eppure non avere tempo per se è per i propri cari, perché presi nella ruota infernale del "devo lavorare per mantenere questo stile di vita e perché se mi fermo ora la carriera e' bruciata e non si può tornare indietro e poi in fondo non mi accontento mai, c'è sempre un altro traguardo, maggiori responsabilità e l'opinione della società" ecc. ecc.
Un conto e' avere tutto questo e scegliere di rallentare per vivere con meno e ritmi più umani, d'accordo con la tua dolce metà ed i figli, sapendo che avrai comunque abbastanza di che vivere e divertirti.

Un altro e' aver investito anni e risparmi (spesso dei genitori, però sempre soldi sono e nulla e' gratis), tempo e fatiche nello studio e nel lavoro e scoprire che con la scusa della crisi il tuo guadagno orario, ammesso che trovi un posto, e' inferiore a quello di una collaboratrice domestica e in più non hai salvagenti, perché il tuo contratto e' precario (magari no, ma tutti sanno quanto sia facile, nella maggior parte delle ditte, licenziare comunque) o lavori in proprio e anche se hai pagato contributi a gogo', quando sei tu ad avere bisogno dell'indennità di disoccupazione, non arriva e se arriva ci paghi giusto mutuo/affitto e bollette, se va male neppure il nido, perché le rette si basano sul reddito dell'anno prima e che ora non ci sia più, frega nulla a nessuno.
Oppure, semplicemente, il posto non lo trovi, i clienti non hanno soldi o, se il lavoro c'è, e' all'estero e devi disgregare la famiglia per trovarlo o uno dei due deve rinunciare al proprio per seguire l'altro.
Cero, a volte emigrare e' un'opportunità e non tutte le coppie che hanno un coniuge che lavora fuori casa dal lunedì al venerdì per anni, poi scoppia.
Però per i figli (e coniuge) avere un genitore/ partner da weekend non e' il massimo.
Lo dice mio marito, che ci è passato, da figlio.
Lo dicono tutti i nostri amici che hanno avuto un padre così.
E i pochi che conosco che si sono spostati spesso per via del lavoro dei genitori.

Scoprire che per quanto sforzi tu faccia, per quanto tu abbia studiato, investito, sudato, le prospettive sono solo di peggiorare, di decrescere, di rinunciare ad uno stile di vita che hai avuto la fortuna di conoscere, di dire addio a frequenti visite a musei & co, perché' costano troppo, di ridurre lo sport, perché pure quello costa, quando invece senti di averne bisogno di non poterne fare a meno a lungo,perché nutrire la tua anima e il tuo cervello di stimoli e conoscenze, allenare il tuo corpo TI SERVE per sentirti vivo, perché è parte di te....

Ecco, allora non è decrescita, e' depressione.


Perché questo sfogo?
Perché certe volte la paura prende il sopravvento, paura del futuro, nostro ma soprattutto di nostro figlio, anche se noi non siamo soli, abbiamo famiglie (non più entrambe solide ed unite, ahimè, ma presenti) alle spalle, cibo in tavole e tetto sopra la testa.
Perché a volte non basta.
Perché i segnali fanno pensare ad un futuro ancora peggiore, anche se non smettiamo di cogliere anche motivi di speranza, sperando che prendano il sopravvento.
Perché fa male vedere chi ha dato e non riceve, chi sogna ed è frustrato.
Fa male sapere che c'è chi è in maternità ma lavora comunque qualche ora da casa perché la ditta ne ha bisogno e lei è una persona coscienziosa e vuole essere onesta con chi lo è con lei.
Fa male sapere che c'è chi ancora non sa che il suo sogno di un figlio, molto probabilmente porterà con se la sospensione, spero temporanea, di una carriera che sta costruendo con fine settimana passati a studiare e giornate lavorative che iniziano e finiscono alle otto, precedute e seguite da un'ora di auto, senza quasi incrociare il partner.
Fa male sapere che c'è chi ha accumulato esperienze, ha studiato, rinunciato a ferie e permessi per anni, accettato qualunque incarico pur di lavorare e imparare e ora si trova ignorato dall'INPS e con prospettive, almeno nell'immediato, quasi a zero.
Fa male sapere che c'è chi lavora male ma "ha il nome" e spilla denaro a clienti ingenui e chi lavora bene ma "e' giovane e donna" e se la filano in pochi.
Fa male sapere che, come al solito, a pagare il prezzo più alto sono le donne, specialmente se già madri o aspiranti tali.


Perché è bello cucinare con le proprie mani, per il secondo compleanno del nano, affinché i bambini mangino più sano, affinché abbia proprio la torta che piace a lui, per offrire agli amichetti, ai loro genitori, agli amici, ai parenti, qualcosa di buono e non troppo pasticciato da sgranocchiare.

Perché da soddisfazione, perché ricevere nella propria casa e' anche voglia di aprirsi al mondo, di accogliere, di entrare in intimità e io vorrei che il nano ne imparasse il valore.

Però sapere che è anche l'unico modo per non spendere una fortuna e che bisognerà rinunciare a qualche invitato e comunque di feste farne due, altrimenti non ce la si fa, non è che renda tanto felici.

E invece, sul web e fuori, e' tutto un trionfo di "mi faccio il pane da sola", " faccio i detersivi da sola", " faccio i giochi da sola" "devo risparmiare come faccio a fare la festa" (e qui quasi sempre e' la mamma a fare, fare, fare da se', poveretta), " rinuncio alle vacanze ma cerco di cogliere il lato bello comunque", "non so cosa fare il fine settimana con i bambini perché costa tutto troppo ed il centro commerciale e' diseducativo e poi tanto lo shopping e' escluso " ecc., che alimenta la depressione.

Ecco perché, per me, la decrescita di cui tanto si parla oggi ha il gusto amaro della sconfitta.
Perché il sapore della felicità non può essere quello dei sogni che si sciolgono in bocca, ingoiati a forza, nell'acido che sale dallo stomaco.

venerdì 1 novembre 2013

Di filosofia e di racconti

Ho letto la recensione di questo saggio in uno dei venerdì che Home Made mamma dedica ai libri e devo dire che mi ha molto incuriosito.
Così, quando l'ho visto sullo scaffale della biblioteca della mia città, non me lo sono lasciato scappare.
Lou Marinoff, "Platone e' meglio del Prozac"

Devo ammettere che non è stata una lettura semplice: le prime 100 pagine non passavano più e mi ero quasi arresa a riportarlo in biblio senza leggerlo.
Troppo egocentrismo dell'autore, troppe lodi sperticate della "consulenza filosofica", quasi fosse la panacea di tutti i mali, troppa pubblicità al suo "metodo" o alla sua professione.
Invece ho proseguito ed alla fine mi è anche piaciuto: certo, i riassunti del pensiero dei vari filosofi mi sembrano eccessivamente semplicistici e brevi (ma d'altro canto, non vuole essere un bignami filosofico) e le pecche di cui sopra permangono per tutto il libro, pero le citazioni dei filosofi e gli esempi pratici dell'applicazione della filosofia ai vari problemi della vita mi sono sembrato molto stimolanti e istruttivi.
In conclusione, quindi, se avete tempo e voglia di un ripassino della filosofia del liceo e, soprattutto, di fermarvi a riflettere sul modo in cui affrontate la vita ed i grandi quesiti esistenziali, e' il saggio che fa per voi.
Idem, se vi dibattete da un po' nel pantano dell'indecisione...male non può certamente farvi!
Ecco una breve raccolta dei passi e delle citazioni che ho trovato più interessanti e in cui mi sono ritrovata.
"L'uomo altro non è se non ciò che fa di se stesso. E' questo il primo principio dell'esistenzialismo." Jean Paul Sartre. Se l'universo non ha determinazioni, siamo totalmente liberi di scegliere il nostro cammino. La perenne potenzialità può apparire scoraggiante perché impone continue scelte, però è anche liberatoria. ...L'esistenzialismo attribuisce anche valore all'autenticità, alla responsabilità individuale e al libero arbitrio. Sicche', la buona novella e' che devi scegliere come affrontare il vuoto creato da una dichiarata morte di Dio. Molti, attingendo all'esistenzialismo, concludono che la vita e' priva di scopo e si chiedono perché data la situazione, dovrebbero preoccuparsi di alcunché. Qui si inserisce la mia argomentazione preferita per evitare la caduta nella depressione esistenziale: se la vita quale ci è nota non è che un incidente assurdo ed improbabile, tanto più numerosi sono i motivi per apprezzarla.Se dal nulla veniamo ed al nulla ritorniamo, perché non trascorrere il tempo che abbiamo a disposizione godendoci, appunto, quel poco che la vita ci offre? Il nostro tempo e' prezioso, letteralmente insostituibile. Dunque, vivi in maniera autentica.Il nodo e' che devi stabilire cosa significa per te vivere in maniera autentica, ma certamente implica un impegno nei confronti della vita stessa, non un ritrarsi da essa. Usa dunque il tuo libero arbitrio per scegliere una rinnovata valutazione positiva di ogni istante, anziché la disperazione.....


....Se fai bene il tuo lavoro, i frutti maturano di per se'. Se fantastichi di gustare i frutti anziché lavorare bene, quelli non matureranno affatto.Anche tu hai la capacità di fare della tua attività un'opera d'arte. Aspira dunque a essere come un grande artista, qualunque cosa tu faccia tenta di ricavare soddisfazione semplicemente dalla consapevolezza di avere fatto un buon lavoro....

P.s. Già al liceo, mi ero accorta dell'affinità di pensiero tra gli esistenzialisti ed il mio modo di vedere la vita...evidentemente, in questi anni, non sono poi cambiata così tanto!

Non finisce qui. Questa settimana, eccezionalmente, raddoppio.
"Il primo miracolo di George Harrison" di Stefania Bertola
Raccolta di racconti brevi (a volte brevissimi) surreali, ironici, un po' cattivi e certamente dissacranti, ambientati a Torino.
Per chi ama i racconti, non è male, perché il libro e' originale e scritto bene, come tutti i romanzi di questa autrice.
Io, però, personalmente non sono una grande lettrice di racconti, mi lasciano sempre un po' l'amaro in bocca.
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made Mamma: www.homemademamma.com


venerdì 18 ottobre 2013

Di mamma ce n'è più d'una, Loredana Lipperini

Loredana Lipperini, Di mamma ce n'è più d'una.



Questo libro non è interessante, e' molto interessante e consiglio vivamente di leggerlo, conservarlo e rileggerlo.
Perché?
Perché è un saggio ma si legge scorrevolmente.
Perché con sguardo lucido svela molto del nostro essere donne e mamme nella società di oggi.
Perché aiuta a mettere a fuoco i problemi, a capire chi siamo e perché siamo prese da alcune tendenze del momento.
Perché è frutto di ricerche accurate, mi sembra.
Perché ci sono statistiche, dati, esempi che fanno impressione ma non si possono ignorare.
Perché siamo donne e/o mamme.

C'è di tutto in questo libro e questo rende difficilissimo riassumerne il contenuto.
Gli spunti di riflessione abbondano e dopo tre settimane dalla fine continuo a ripensare, rimuginare e metabolizzare, anche "verità" un po' scomode.
L'autrice parla del ruolo materno, del sempre più raro binomio lavoro-maternità, degli equilibrismi quotidiani, della solitudine sociale e affettiva delle madri, dell'incertezza indotta dalla messa in discussione degli insegnamenti delle generazioni che ci hanno precedute e dal proliferare di manuali di medici, psicologi, tate e tuttologi (e mamme che si improvvisano tali), del fenomeno delle mamme blogger (si, quello di molte di noi) e delle sue distorsioni, del marketing sul blog con la chimera del guadagno, della mania del naturale (e qui condivido al 100%) e del suo costo sociale, economico e, soprattutto, del suo peso sulle spalle delle donne, del movimento del "non ho niente e sono felice" ma non è così, del mito dell'allattamento artificiale (di nuovo, condivido al 100%), della parità di genere che non esiste, della violenza sulle donne, di politica e femminismo e molto altro.
E lo fa in modo sempre coerente e critico ma senza giudici affrettati o superficiali, senza proporre
soluzioni semplicistiche, senza, forse, che emerga una tesi di fondo unitaria (un po' di frammentazione del discorso c'è ma si perdona facilmente), ma va bene così.
Sta a noi riflettere e tirare le fila.
Qualche estratto dei passi che ho trovato più significativi, liberamente scelto e accostato (non me ne voglia l'autrice, qualora passi di qui- magari!)

" L'occupazione femminile resta ben sotto il 50 %, nonostante tutti gli studi di settore dimostrino che esiste un legame fra impiego femminile e natalità.
Ovvero, meno si lavora, meno figli nascono. E ancora: meno le donne lavorano, più l'Italia si impoverisce, e infatti si impoverirà di molto, nelle settimane che seguono quel Capodanno.
Invece, quel che si comincia già allora a sussurrare dopo le promesse di lacrime e sangue e che sarebbe meglio che le donne facessero un passo indietro.
Del resto, le giovani lavoratrici che restano incinte continuano a essere licenziante, certo indirettamente, con contratti non rinnovati o mancanza dei medesimi. Ad alcuni i datori di lavoro chiedono la data delle ultime mestruazioni prima di assumerle. Normale....Infine,..., il numero delle donne uccise dagli ex compagni avrebbe subito un'accelerazione impressionante nel 2012.
..
Eppure, le donne continuano a far si che questo paese non cada a pezzi, senza ricevere in cambio nulla, se non la consueta assunzione fra i nimbi del mito: siamo brave, siamo pazienti, siamo eroiche, siamo dee, vogliamo tutto, il cielo e la cucina. O, forse, stiamo tornando a desiderare solo la seconda, lasciando il cielo a tempi migliori...."

"La fierezza delle proprie mani operose...e fin qui niente di male.
Bisognerebbe, ed è bene dirlo e ridirlo, che ogni donna e uomo potessero considerare i propri gesti e le proprie passioni non come aderenti a un modello, ma come scelta. Bisognerebbe che fossero...liberi dalle costrizioni e dalle fazioni.
Invece, soprattutto sul corpo del madri, le donne si spaccano, si dividono, si azzannano....anche contro le loro madri.
Dunque, la maternità e il nodo. Prima negata ( perché bisognava contrattarla con il datore di lavoro, con il compagno, con se stesse) ora trionfante e apparentemente esclusiva. Il pendolo oscilla ancora è i punti che tocca sembrano essere sempre e solo due: l'emancipata e la madre,...Due modelli: invece di dieci, cento, miliardi. la rappresentazione delle donne non riesce ad essere prismatica, e' sempre, e solo, a due facce.
Ma questa faccia, quella del modello materno di ritorno, e' molto più difficile da raccontare, ed è quasi impossibile da indicare come pericolosa.
...
Tutto questo, per inciso, ha un nome: Gender backlash. Significa che si torna indietro. perché si ha altro a cui pensare, perché son cose da femministe, perché non è urgente. Anzi, e semmai urgente e benefico che le donne si facciano carico in prima persona della decrescita, felice o infelice che sia, accudendo i figli e provvedendo alle conserve...
...
Anche la maternità e' un Palazzo D' Inverno: dove è splendido aggirarsi ma da dove non si può uscire. A meno di non abdicare, condividendo quel che ci è stato attribuito come esclusivo: perché potere e libertà si elidono e per secoli la maternità e stato l'unico potere concesso alle donne. Dovrebbe inquietare il fatto che oggi torni ad essere prospettato come il più importante, l'irrinunciabile, il naturale, il primario."

Aspetto di leggere cosa ne penserete voi, dopo averlo letto o se lo avete già fatto.
Questo post partecipa al Venerdì del Libro di Home Made mamma: www.homemademamma.com

martedì 15 ottobre 2013

Cambiare prospettiva, almeno per un giorno.

A volte mi chiedo se sia vero che non abbiamo mai abbastanza tempo per fare tutto: lavoro, figli, casa, sport, hobby, amici, parenti.

Certo, giornate da 48 ore aiuterebbero, però forse basterebbe meno.

Basterebbe accorgersi che non è vero che DOBBIAMO fare questo o quest'altro, ma che SCEGLIAMO, più o meno consapevolmente, più o meno razionalmente, più o meno sotto minaccia (di catastrofi familiari, crisi economiche, ricatti emotivi ecc.) di fare ciò che facciamo.

Non vale sempre in assoluto, certo, ma il più delle volte, siamo noi a scegliere, a stabilire una scala di priorità, che potrebbe essere rivista, modificata, adattata.Sta a noi decidere.

Perché non è vero che non ho tempo per leggere, la sera, e' vero semmai che ci sono giorni in cui preferisco dormire.

Non è vero che non posso finire quell'atto urgente, e ' vero però a volte che preferisco rimandare all'ultimo e giocare con mio figlio quella mezz'ora.

Preferisco mangiare un panino che passare un'ora a cucinare (questo sempre, anche se poi adoro mangiare piatti casalinghi), leggere che guardare il Tg (sempre di nuovo) ecc.

Le ore non crescono sugli alberi, purtroppo, però formulare i propri pensieri usando il verbo "scelgo" o " voglio", anziché "devo", aiuta.

A volte.

Per un giorno o un minuto soltanto.

Comunque, un minuto di serenità e leggerezza guadagnato.

 

giovedì 26 settembre 2013

Senza papà


Ora che la parentesi di lavoro in trasferta all'estero dell'Alpmarito si è conclusa e le impressioni del periodo si sono un pò sedimentate, posso dirlo: è stata un'esperienza formativa.
Dura, certo, ma formativa.

Ho capito quanto avevo finito per contare su di lui per molte decisioni e aspetti della vita quotidiana.
Ho capito che, nonostante la fatica, gli impegni ed il nano, nonostante la mancanza di lui e le mie insicurezze, sono ancora una persona completa che sa bastare a se stessa, che sa badare a se stessa.

Ho capito che non ho bisogno di lui per essere felice o anche solo per arrivare intera a fine giornata, ma ho più che mai voglia di stare con lui e di condividere le mie giornate con lui.

Perchè mi completa, mi aiuta e mi supporta, anche se nei miei sogni mi lascia sempre nei guai (sarà
una paura inconscia o una spia di malessere??E' da anni che me lo chiedo e ci scherziamo).

Ho scoperto che il mio rapporto con il nano può essere ancora appagante ed esclusivo, nonostante sia cresciuto, ma preferisco che non sia così per troppo tempo.

Ho visto con i miei occhi quanto il nano voglia bene al suo papà e quanto ne sentisse la mancanza e ho avuto la conferma che i passi indietro che mi sono costretta sian dalla sua nascita a fare per lasciare loro degli spazi quotidiani di gioco, attitivà, tenerezza, momenti di vita pratica, hanno lasciato un segno più che positivo.
Perchè a volte siamo noi mamme a non voler delegare, a voler custodire gelosamente, anche con un pò di masochismo, il nostro essere madri affannate e indispensabili, a non voler "mollare" il timone.

Ho potuto apprezzare quanto il nano fosse più forte e capace di gestire la ontananza, il cambiamento di abitudini e le sue emozioni (che pure emergevano), di quanto avrei mai immaginato.
Ho visto che è sicuro del nostro amore e del suo papà e questo è bellissimo e mi dice che non stiamo sbagliando nelle scelte fondamentali.
Abbiamo capito, tra l'altro, che un papà part time (da lunedì a venerdì in altra sede e rientrante solo il sabato e domenica), anche se è una scelta (volontaria o non troppo) di molte famiglie, anche se potrebbe diventare una scelta obbligata anche per noi, non sarebbe il bene per la nostra famiglia.
Dunque, per il momento, tentiamo ancora altre strade.

E poi...ho dovuto ammettere, con un pò di genuino stupore, quanto fosse importante e "corposo" il contributo dell'Alpmarito alle faccende domestiche ed alla gestione pratica del nano.
Non che non lo sapessi, non che questo elimi il fatto che il spesso devo chiedere per ottenere aiuto ma è innegabile che, vivere per un pò di tempo senza di lui, mi abbia fatto capire quanto mi supportasse davvero quando c'era.

Non significa che smetterò di lamentarmi, sia chiaro, però è una consapevolezza che mi porto nel cuore e di cui, d'ora in poi, cercherò di tenere conto!
Perchè un grazie ed un sorriso in più, a volte, possono fare la differenza.

giovedì 22 agosto 2013

Portogallo: Viana do Castelo e riflessione su quando lavorare può far male

Anche qui, in Portogallo.
Questa sera sono un po' giù di morale perché vedo l'Alpmarito ed i suoi colleghi italiani alle prese con "capi" e colleghi portoghesi senza rispetto per loro, invidiosi di essere incapaci di lavorare da soli, impermeabili ai consigli, permalosi e vendicativi.
No, non esagero: oggi, dalla stanchezza, dopo quattro giorni consecutivi di lavoro sotto stress, con poche ore di sonno e tantissimi chilometri macinati, per di più spesso a vuoto per l'incapacita' di questa ditta di organizzare il lavoro in modo fruttuoso, uno dei colleghi italiani dell'Alpmarito ha avuto un'incidente ed ha distrutto il furgone. Lui sta bene, e' al lavoro, come al solito. Come gli altri e come l'Alpmarito, tra mail, file e telefonate.
L'episodio, insieme al resto, la dice lunga ( e non pensiate che tutti i locali lavorino sino a tarda notte, le festività e i weekend, loro no, tranne rare eccezioni).
Oggi l'Alpmarito aveva chiesto un giorno per stare con la sua famiglia, prima della partenza. Loro gli hanno messo i bastoni tra le ruote, rovinandoci la giornata.
Comunque.
Siamo riusciti a visitare, anche se non quanto meritava, Viana do Castelo, veramente carina,
con il centro storico elegante,



con le sue vie principali addobbate a festa,


la fortezza (un po' lasciata andare), le viette strette con le case di pescatori ricoperte di azuleias, il lungo fiume (e' sita alla confluenza tra il Rio Lima e l'Oceano) e il porto industriale.



Avremmo voluto salire sino al Monastero di Santa Luzia, che domina da una collina la città e la cui basilica, anche da lontano, si capiva bellissima, per poi prendere il traghetto e attraversare il fiume, per giungere alla più bella spiaggia della Costa Verde,stando alla nostra guida cartacea. Invece no.


Fortunatamente, però, abbiamo fatto in tempo a salire a bordo di una NAVE MUSEO varata nel 1955, attraccata in porto e quasi interamente ristrutturata ma mantenuta nelle condizioni simili alle originali, che è stata prima una  rompighiaccio nei mari del Nord, poi nave mercantile, poi da supporto nella guerra per l'indipendenza dell'Angola e molto altro, tra cui nave da pesca.

Soprattutto, pero' e' infatti stata a lungo utilizzata come nave ospedale per soccorrere i marinai feriti durante la permanenza in mare a pescare il baccalà, nel nord Europa.



Era equipaggiata con un intero piano dedicato a blocco operatorio (da brivido!!!!), uno per le visite e le degenze, con tanto di sala radiografie e camera oscura, una cappella e un altare esterno per le messe, tre agli alloggi per l'equipaggio, il personale medico e gli ufficiali.

 L'Alpmarito ha apprezzato particolarmente la sala macchine, girata e rigirata, il nano la cucina e la stanza in cui impastavano e cuocevano il pane (ha una passione per le cucine ed il pentolame).

 Io? Il panorama, la sala comune, la plancia di comando.
Davvero interessante ed istruttivo, anche per il nano, che saliva e scendeva raggiante scalette a 45 gradi, sotto il mio sguardo preoccupato!!

E poi ritorno a Braga e discesa a piedi dalla famosa (e molto fotografata) scalinata di Bom Jesus do Monte, a poca distanza dal l'hotel, da cui l'Alpmarito si era rifugiato a lavorare nel pomeriggio ( salita in cremagliera, ovviamente, visto che il nano con la sua pazienza se l'era ampiamente meritata).
E poi ancora cerveja (birra) per lui, panache' per me, paste alla crema pasticciera, baccalà con patate e torta al formaggio (troppo dolce, tanto da nauseare, ne avrò mangiata circa un terzo, il nano si è fermato a due assaggi in punta di cucchiaino).

Caratteristico boccale, servito ghiacciato (lo raffreddano apposta) con la birra fredda, ovviamente.
Al mio ritorno, galleria fotografica completa, prometto!!!