sabato 30 gennaio 2016

Il punto di vista di un bambino e la fiera di St.Orso

Tutti gli anni, a gennaio, in Valle d'Aosta si svolge una fiera molto particolare: la fiera dell'artigianato di St. Orso.
Il 30 e 31 gennaio ad Aosta, per le vie del centro; un paio di fine settimana prima, la domenica, a Donnas (AO), nell'antico borgo.
A farla da padrone sono la pietra ollare e, soprattutto, il legno, sotto forma di utensili, mobili, sculture e oggetti intagliati.


Gli espositori valdostani in fiera sono davvero tanti e, alcuni, sono dei veri e propri artisti.
Per me, che apprezzo particolarmente il legno, un materiale caldo, utile, versatile, ecologico, alcune delle sculture esposte sono più belle di molti dipinti più apprezzati.
Si tratta di gusti, ovviamente, però non c'è dubbio che siano esposti sia oggetti di artigianato che manufatti artistici.

 Comunque, e' a Donnas che,  quest'anno come i precedenti, siamo andati ad ammirare la fiera io ed il ricciolino biondo.
Solo che, questa volta, la macchina fotografica è stata quasi sempre in mano sua.


Guardandolo scegliere i soggetti, sistemare l'inquadratura, premere con concentrazione (e un pò troppa forza) e ripetutamente il tasto per cercare di catturare almeno una foto non mossa, vederlo controllare  sul display la riuscita..è stato tenero, commovente, bello.

Perchè attraverso i suoi occhi, mi sono accorta di quanto cambino gusti e passioni nel tempo e, soprattutto, sono tornata un pò bambina anche io.

Se fossi stata sola, non avrei neppure guardato queste simpatiche gallinelle di stoffa...



i mobiletti da casa di bambole intagliati con cura...


avrei guardato ma senza la dovuta attenzione e senza fotografarli questi fiori allegri e colorati fiori, perchè abituata a vederli (e poterne godere la bellezza) tutti gli anni...


Non avrei avuto una scusa valida per soffermarmi a lungo ad osservare questi giocattoli...






disquisendo sui modelli di aereo, elicotteri e mezzi di cantiere..

non avrei riso guardando questi "frutti nostrani", scherzando di "banane valdostane" con l'espositore...


non avrei notato l'apparente fragilità di queste scale e la poesia del loro innalzarsi verso le nuvole "alte fino al cielo", come invece ha osservato lui...

 non sarei rimasta a lungo incantata, la mattina, ad osservare i gesti esperti di questi fabbricanti di sabot...

 non avrei sorriso indicando con il dito queste sculture dai soggetti molto attuali...


non avrei apprezzato la varietà infinita di campanacci e vacche, in effetti immancabili...



non avrei avuto la possibilità di ascolotare lo scultore spiegare perchè aveva deciso di scolpire questi personaggi rivolti come sono, anzichè nella direzione del carro, come fanno in molti..


non avrei, ora, almeno 10 fotografie da angolature diversi di questo orologio...


forse non avrei osservato i dettagli minuti e completi di queste casette formato mignon...


non avrei colto l'allegria del legno colorato nelle trottole, nei personaggi fiabeschi e negli oggetti lavorati esposti...





Insomma, se non avessi guardato anche con i suoi occhi, mi sarei persa tanto, come solo gli adulti sanno fare!
Il vin brulè, anche se accompagnata da minore, non me lo sono perso!

Questo, comunque, è il pezzo che più è piaciuto a me ed al Petit Prince:


E sapete perchè? Ad entrambi a fatto subito venire in mente l'adorata nonna bis!




p.s. Siete ancora in tempo per la fiera di Aosta, molto più grande (ma secondo me meno suggestiva) di quella di Donnas....in ogni caso, Aosta vale  una visita.
Se invece deciderete di venire il prossimo anno a Donnas, già che ci siete vi consiglio di visitare anche il vicinissimo Forte di Bard.


venerdì 29 gennaio 2016

Prepariamoci al Carnevale leggendo!

Il Carnevale, per me la festa più divertente ed importante dell'anno, e' ormai alle porte.
Dopo l'uscita di pifferi e tamburi dell'Epifania, dopo la prima uscita dei piccoli Abbà dei rioni, Ivrea si sta preparando alla battaglia, si montano reti, si appendono bandiere, si sparge sabbia per i cavalli.

A Pont St. Martin, il diavolo penzola dal ponte romano già dall'Epifania, alla scuola materna fervono i preparativi per il Carnevale storico dei piccoli, che coinvolgerà anche il Petit Prince, naturalmente, e il vestito in maschera per la sfilata di quest'anno è in arrivo.
E allora, anche le letture devono adeguarsi!




Giulio è un piccolo eporediese (così si chiamano abitanti di Ivrea) che ama il Carnevale e racconta con i suoi occhi di bambino l'attesa della battaglia, le emozioni vissute ed il clima della città nel lungo fine settimana carnevalesco, spiegando come tutti, a vario titolo e nei modi più diversi, partecipino attivamente a quella che è (e dovrebbe sempre rimane) a tutti gli effetti una grande festa popolare, la festa del "popolo eporediese."
Leggendolo, si può avere un assaggio dei momenti salienti del Carnevale e, soprattutto, di ciò che esso rappresenta per Ivrea.



E se state per criticare "lo spreco di arance" del carnevale di Ivrea, mordetevi la lingua ed  informativi prima di parlare, magari anche leggendo con i bambini quest'altro libro, che racconta il viaggio dei "proiettili rossi" dalla Calabria al Canavese e l'importanza del loro acquisto per l'economica dei produttori (perchè le arance vengono comprate e dagli arancieri iscritti alle varie squadre di tiro o dei carri da getto).





Se venite a visitare Ivrea, non dimenticate di visitare il suo Castello e i dintorni: il Canavese è ricco di atttrazioni, tra cui i suoi numerosi laghi e la Serra Morenica.

Soprattutto, però, nei giorni di Carnevale non dimenticate di indossa il berretto frigio. 
Quello originale, non una semplice fascia rossa o un qualunque corpicapo dello stesso colore. Non è lo stesso.






p.s. Potete trovare entrambi i libri in vendita nelle libreria di Ivrea, oppure qui.

E se ve lo state domandando, no, anche questo post non è sponsorizzato, bensì frutto della voglia di festeggiare insieme!







mercoledì 27 gennaio 2016

Perchè sono contro il D.L. sulle unioni civili (ma a favore del matrimonio anche tra persone dello stesso sesso).

In questi giorni si fa un gran parlare del D.L. sulle unioni civili che dovrà essere discusso a breve in Senato, il cui testo viene commentato e proposto in mille varianti diversi, non si sa quanto inventate e quanto no.


E io non capisco.
Non capisco il perchè dell'accanimento contro le unioni tra persone dello stesso sesso, quali che la religiosità, le credenze o lo stile di vita di un individuo, possano essere poste in discussione e scardinate dalla presenza di quelle diverse dalla loro.
Senza contare che spesso, chi si oppone, è anche chi parla di uguaglianza, tolleranza, accoglienza, perdono a qualunque prezzo.

Soprattutto, però, non capisco il motivo per cui dovremmo creare l'istituto della "unione civile" e della "convivenza di fatto", non capisco perchè dovremmo estendere diritti e obblighi agli uni ed agli altri.

Esiste il matrimonio religioso e quello civile.
E il matrimonio civile, con tutti i diritti ed obblighi che ne derivano, potrebbe essere esteso alle persone dello stesso sesso, con una legge ad hoc.

Semplice, efficace, chiaro.

E invece no.
Si discute di creare, accanto al matrimonio civile ed a quello religioso, l'unione civile e la convivenza di fatto.
Si propongono diversi diritti e doveri che deriveranno dall'uno e dall'altro, si stabiliscono diversi modi di "registrazione", di "scioglimento", di "regime patrimoniale".

Si moltiplicano e complicano le situazioni, all'infinito.

Perchè dobbiamo modulare tanti tipi di unione diversi con tanti diritti e doveri diversi?
Perchè c'è chi vuole che il termine "matrimonio" sia solo destinato a persone dello stesso sesso che si scambiano un anello, quello "unioni civili" a tutti coloro che non vogliono feste, anelli, fiori, ecc., ma solo una firma e due testimoni?
Perchè c'è chi pretende diritti e doveri e riconoscimenti sociali senza assumere nessun obbligo reciproco, senza parlare di "unione"?

Vi svelo un segreto: anello, festa, fiori, lunghe cerimonie, musica ecc. non sono obbligatorie per sposarsi.
Bastano due testimoni, un ufficiante pubblico ufficiale, la lettura degli articoli del codice civile e quattro firme, due per i coniugi, due per i testimoni.
Fine.
Certo, se poi non si ha il coraggio di tagliare fuori parenti di sesto grado e amici per non "deludere" o si vuole a tutti i costi un abito da migliaia di euro e piuttosto non ci si sposa, questo è un altro discorso. Un discorso di intelligenza, che purtroppo non si insegna.

E allora, perchè anzichè scrivere una nuova legge in cui si parla di "unione civile", riscrivendo di fatto le conseguenze derivanti dal matrimonio? Perchè non estendere il matrimonio civile alle persone dello stesso sesso?
Perchè scegliere l'unione civile? Perchè non si vuole passare attraverso le fasi della separazione e de divorzio? Perchè non ci sono le pubblicazioni prima del matrimonio ? 
Perchè, se così fosse, non modificare anche su questi punti l'istituto del matrimonio già esistente?
Ci vuole troppo coraggio?!?! 
Strano, perchè mi pareva che qualcuno lo avesse sbandierato a lungo, il suo coraggio, e del menefreghismo, quando si tratta di imporre tasse e balzelli e  tagliare servizi, ha fatto il suo modus operandi.
Davvero c'è qualcuno che pensa seriamente che la differenza, nella vita quotidiana, la faccia l'uso di un termine o di un altro? Che ai nostri figli freghi qualcosa?
Oppure aboliamo il matrimonio civile e parliamo solo di unione civile, come si vuole, senza ingarbugliare e complicare, duplicare e riscrivere tutto.

Si vuole dare "riconoscimento alle coppie di fatto".
Francamente, io non sono d'accordo. 
Vivere in società vuol dire accettarne le regole, anche quando non ci piacciono.
Non si possono cambiare regole per costruirle ad hoc sulle esigenze di ciascuno.
E allora, se la coppia vuole che la sua unione sia riconosciuta dallo Stato e dalla società, si sposa (con matrimonio civile o concordatario, non importa), adeguendosi alle regole di quello Stato.
Se non vuole, non si sposa e nulla deve pretendere.

L'idea di dover godere tutti di diritti, senza sottostare ad alcun obbligo, senza seguire il cammino di regole prestabilito, senza dover render conto a nessuno, solo perchè si convive, più o meno stabilmente, mi sembra la definitiva dimostrazione del livello di egoismo e superficialità a cui siamo giunti.
Tutti vogliono poter decidere della sorte di chi vogliono, subentrare nel contratto di locazione di chicchessia, prendersi permessi per visitare in carcere o assistere chi gli pare.
Però non vogliono dover passare per un Tribunale in caso di separazione o divorzio, nè obbligarsi reciprocamente, nè sentirsi legati.

Perchè un conto sarebbe riconoscere diritti ai conviventi di fatto che non hanno e non potrannno mai possedere i presupposti per contrarre matrimonio civile (estendendo lo stesso anche alle persone dello stesso sesso) - e su questo potrei essere d'accordo e lo sarei senz'altro a un punto di vista morale -  un altro estenderlo a tutti.

Alla fin fine, l'impressione che ne ho io, è che ad essere discriminati siano sempre i soliti: coloro che le leggi le rispettano da sempre, anche quando sono scomode.
Senza contare che nessuno sembra preoccuparsi delle ripercussioni economiche di queste decisioni.
Perchè, nel caso vi sia sfuggito, l'INPS e il SSN non hanno soldi per tutte le pensioni di reversibilità e le prestazioni assistenziali che verrebbero richieste, ad esempio.

Peraltro, in tutto questo, noi avvocati non ci rimetteremo, professionalmente parlando.
Perchè se è vero che per alcuni non serviranno separazione e divorzio, quelle stesse persone si rivolgeranno agli avvocati quando litigheranno per dividersi casa, mobili, conti correnti, pensioni, figli , sfrattare inquilini, comprendere il regime patrimoniale altri ecc., che ci siano unioni di fatto e convivenze regolate o no.
Eppure, io lo trovo assurdo, inutile.

E mi chiedo quando si porra la stessa attenzione ai problemi veri e quotidiani: l'immigrazione, le frontiere, il livello di tassazione, la sicurezza degli edifici pubblici, la burocrazia soffocante, le spese sanitarie sempre più ingenti a carico delle famiglie, la mancanza di asili nido, ecc. ecc. ecc. 





domenica 24 gennaio 2016

Giocando in acqua...una nuova piscina

Nuotare resta una mia passione, per tanti motivi.

Una passione a cui, ultimamente, ho troppo poco tempo (e salute) da dedicare.
Una passione che ho cercato e cerco di trasmettere al ricciolino biondo, da quando l'ho portato a fare acquaticità a quattro mesi.
Così, anche se il corso settimanale di nuoto è sospeso sino a primavera, ogni tanto colgo l'occasione per un pomeriggio in acqua.

D'altro canto, avevo promesso a me stessa ed all'insegnante di far mantenere al Petit Prince l'abitudine alla piscina che faticosamente aveva riconquistato.
E' anche un modo per trascorrere alcune ore fuori casa ma al caldo, in inverno, consentendo al ricciolino di sfogare tutta la sua energia.
Se poi, per farlo, posso anche scoprire posti nuovi, meglio ancora, no?

Così, durante le vacanze natalizie, siamo andati alla scoperta di una piscina un pò lontana da casa ma vicina all'abitazione di una coppia di amici, che ci è piaciuta molto: quella di Variney, nel comune di Gignod, a cinque minuti da Aosta.

L'ingresso è un pò più caro di quello a cui siamo abituati, però la struttura è pulitissima e moderna, con grandi vetrate che danno sull'esterno, come gli impianti sportivi che avevo notato nel Nord Europa.




 A me, personalmente, piace molto guardare fuori nuotando, soprattutto d'inverno. Mi regala l'impressione di essere protetta in un bozzolo caldo.


Soprattutto, però, al piano inferiore ha una piscina dedicata ai bambini ricca di giochi e attrattive (pare si possano anche organizzare compleanni, visto che uno era in corso).



L'acqua non è così bassa da permettere ai piccoli come il ricciolino di toccare il fondo, però è molto calda.
Perchè è piaciuta tanto al nano?

Per questo gioco!


Un manubrio a cui appendersi per lanciarsi in acqua...semplice ma geniale!


Non voleva più smettere e abbiamo dovuto letteralmente trascinarlo via!

Inoltre, grazie alla presenza dei nostri amici, è venuto in acqua anche l'Alpmarito, di solito allergico alla piscina, permettendomi di passare mezz'ora nelle vasche per gli adulti del piano superiore, a nuotare.

Mentre noi ci divertivamo al caldo, fuori si faceva buio e nevicava.


Se passate da Aosta o verrete a visitarla con i bambini o senza, sappiate che esiste anche questa struttura (e questo parco giochi ), può sempre tornarvi utile.
Volendo, ci sono anche sauna e bagno turco, anche se non ho provato, non essendone un'amante.

Nelle strutture vicino a voi, ci sono piscine per bimbi attrezzate? Tra un corso e l'altro, riuscite a protare i vostri figli o farvi una nuotata?

venerdì 22 gennaio 2016

"Storia di chi fugge e di chi resta" e "Le ossa della principessa", ovvero due romanzi per due scrittrici italiane

Sono arrivata al terzo volume della serie de "L'amica geniale" di Elena Ferrante:
"Storia di chi fugge e di chi resta", edizioni e/o, pag. 382, euro 19,50.
Dopo i sentimenti ambivalenti che mi avevano colto alla lettura del primo romanzo, dovuti soprattutto al l'angoscia che mi aveva lasciato in dono, avevo comunque deciso di placare la mia curiosità con il secondo volume, spinta dalle numerose recensioni positive ed i consigli ricevuti nei commenti.
L'angoscia era rimasta ma, mio malgrado, la storia mi aveva catturato sempre di più.
Così sono arrivata al terzo che, devo ammettere, e' quello che fino ad ora mi è piaciuto di più.
Le ragioni sono molteplici: in primis, l'attenzione riservata al particolare periodo storico italiano in cui è ambientato, con le rivolte studentesche, le lotte tra i partiti, il fermento "rivoluzionario", in anni che in fondo hanno visto anche i miei stessi genitori frequentare l'università, seppur altrove, e che i libri di storia non raccontano.
Poi lo sguardo lucido e disincantato dell'autrice sulla condizione sociale della donna e sul matrimonio.
Le riflessioni della protagonista, Elena Greco, sulla condizione di scrittrice, di donna, di madre e la fragilità, messa in luce forse per la prima volta, dell'amica e coprotagonista Lila.
Infine, il racconto dei contrasti intergenerazionali all'interno dell'ambiente colto e benestante come in seno alle più povere realtà.
L'interesse ha attenuato la tristezza e cupezza del racconto e ho sentito la storia dei protagonisti farsi più vicina e catturarmi ulteriormente, portandomi a divorare il romanzo in pochi giorni.
Ovviamente, ho già prenotato in biblioteca il quarto volume.
"Ero cresciuta con un paio di scarpe per volta, abitucci cuciti da mia madre, il trucco soltanto in rare occasioni. In anni recenti avevo cominciato a preoccuparmi delle mode, a educare il gusto sotto la guida di Adele, e adesso mi divertiva farmi bella. Ma a volte - specialmente quando mi ero curata non soltanto per fare buona figura in generale, ma per un uomo - apparecchiarmi (era questo il vocabolo) m'era sembrato che avesse qualcosa di ridicolo. Tutto quell'affanno, tutto quel tempo a camuffarmi quando avrei potuto fare altro. I colori che mi stanno, quelli che non mi stanno, i modelli che mi snelliscono, quelli che m'ingrossano, il taglio che mi valorizza, quello che mi svaluta. Una lunga, costosa preparazione. Un ridurmi a tavola imbandita per l'appetito sessuale del maschio, a vivanda ben cucinata perché gli venga l'acquolina in bocca. E poi l'angoscia di non farcela, di non sembrare bella, di non essere riuscita a celare con destrezza la volgarità della carne con i suoi umori e odori e difformità. Comunque l'avevo fatto...." (Pag. 334).
***
Dopo una lettura appassionante ma comunque non facilmente digeribile, ho sentito il bisogno di dedicarmi a tutt'altro genere e ho scelto un giallo, sempre di un'autrice italiana.
"Le ossa della principessa" di Alessia Gazzola, Longanesi, pag. 344, euro 17,60

Come nei suoi precedenti romanzi (io ho scritto di questo) Alessia Gazzola mi ha catturato e nello stesso tempo divertito, per la simpatia della protagonista ed il modo lieve. ma non privo di sentimento, in cui viene trattata la morte.
In conclusione, due romanzi molto diversi tra loro ma entrambi consigliati!
Con questo post partecipo all'appuntamento settimanale con il venerdì del libro.





lunedì 18 gennaio 2016

Guardarlo sciare. Esserci.

Ci sono momenti da mamma che, seppur magari faticosi, impegnativi e non scevri da capricci e fastidi, riescono a farmi vivere momenti di compiutezza e felicità.
Per il solo fatto di poterlo vedere.
Di essere lì con lui.

Come vederlo sciare, ancora così piccolo, ai miei occhi ed in confronto a noi, agli altri adulti.


Eppure capace di stare in equilibrio, di muoversi, di andare. Alla sua velocità, certo, ma comunque andare.

Esserci per sostenerlo e incoraggiarlo.




Osservarlo vincere paure, sfogarsi e sorridere, ascoltare e, qualche volta, obbedire (alla maestra, certo, non a me o al papà).


Pensare a quanti progressi ha compiuto, rispetto all'anno scorso, anche nello sci.


Guardarlo imitare i gesti del papà.

 
E poi, naturalmente, stufarsi presto dello sci e voler solo giocare a palle di neve (o ghiaccio).


O mangiare affamato come un lupacchiotto, facendo un pic-nic fuori, finchè la temperatura anomala lo ha consentito.


Ancor meglio, se nella mia amata Valle di Gressoney, quella che sento un pò casa mia.



Aspettando le nevicate vere, che finalmente sono arrivate e stanno arrivando, portando con sè, ahimè,anche il freddo ed il vento.

E poi, a volte, starsene a casa al calduccio, ad impastare e sfornare biscotti.